Passa ai contenuti principali

L'ossimoro dello sviluppo sostenibile

Può un sistema puntare alla crescita infinita in un contesto finito? Come fanno gli uomini contemporanei a credere che sia possibile mantenere gli attuali livelli di consumo ancora per molto se intorno a noi l’aria delle città diventa sempre più irrespirabile; gli spazi pubblici sono occupati da sempre più auto; il territorio è sempre più consumato da nuovo cemento; le risorse della terra sono in via di esaurimento; la temperatura del pianeta sta aumentando; l’ecosistema di alcune zone della terra sta mostrando segni evidenti di cambiamento indotto dall’uomo? Cosa ci fa credere di essere una specie immortale, se milioni di anni di evoluzione sulla terra dimostrano che primo o poi le specie si estinguono se non hanno una resilienza tale da affrontare i cambiamenti? É la società contemporanea che induce l’uomo a credere nell’immortalità propria come individuo e della specie? Domande alle quali molti studiosi cercano di rispondere immaginando un nuovo modello di sviluppo, basato su regole che non siano quelle dell’accumulazione capitalistica, ma nemmeno quelle storicamente realizzate dal socialismo. Per favore, però, non chiamiamolo sviluppo sostenibile, perché, come spiega bene Serge Latouche nella sua “La scommessa della decrescita”, (Feltrinelli), lo sviluppo sostenibile è un ossimoro. Lo “sviluppo” attuale dei paesi occidentali e di alcuni paesi cosiddetti emergenti, Cina in primo luogo, con i loro ritmi di crescita, semplicemente, non può essere sostenuto dalla terra e tanto meno dall’80% della popolazione che è al di sotto della soglia di povertà.Vi propongo di seguito, come spunto di riflessione, alcuni stralci, che ho evidenziati ciascuno con un titolo, tratti dai due più recenti libri di Latouche. Credo non ci sia alternativa: bisogna smetterla di credere che il Pil sia l’indicatore del “ben-essere”: lo è solo del “ben-avere”, sempre per usare le definizioni di Latouche. É una delle tante mistificazioni di questo sistema che andrebbe smascherata.

L’ALGA CHE UCCISE LO STAGNO
“Un bel giorno, incoraggiata dall’uso massiccio di concimi chimici da parte degli agricoltori circostanti, una piccola alga verde comincia a prosperare in un grandissimo stagno. Anche se la sua diffusione annua è rapida, di una progressione geometrica con fattore 2, nessuno se ne preoccupa. In effetti, anche raddoppiando ogni anno, l’alga coprirà l’intera superficie dello stagno in trent’anni: e al termine del ventiquattresimo anno sarà colonizzato soltanto il 3 per cento dello specchio d’acqua! Forse ci si comincerà a preoccupare quando l’alga avrà colonizzato la metà della superficie, facendo sorgere una minaccia di eutrofizzazione, cioè di asfissia della vita acquatica. Anche se per arrivare a quel punto ci sono voluti decenni, basterà un solo anno per provocare la morte irrimediabile dell’ecosistema lacustre.Noi siamo arrivati esattamente al momento in cui l’alga verde ha colonizzato la metà del nostro stagno. Se non agiamo con la massima rapidità e la massima efficacia, quello che ci attende nel futuro prossimo è la morte per asfissia”.
Serge Latouche, Breve trattato sulla decrescita serena, Bollati Boringhieri, 2009, pag. 32.

UNA RIVOLUZIONE CULTURALE PER RIFONDARE LA POLITICA
“Oggi la crescita è un affare redditizio solo a patto di farne sopportare il peso e il prezzo alla natura, alle generazioni future, alla salute dei consumatori, alle condizioni di lavoro degli operai e, soprattutto, ai paesi del Sud. Dunque una rottura è indispensabile. Tutti, o quasi tutti, sono d’accordo su questo punto, ma nessuno osa tirarne le conseguenze. Tutti i regimi moderni sono stati produttivisti: repubbliche, dittature e sistemi totalitari, a prescindere che i governi fossero di destra o di sinistra, liberali, socialisti, socialdemocratici, centristi, radicali o comunisti. Tutti hanno considerato la crescita economica come la pietra angolare indiscutibile dei loro sistemi. Dunque il cambiamento di rotta oggi necessario non è del tipo realizzabile semplicemente con delle elezioni, mandando al potere un nuovo governo o votando per una nuova maggioranza. Ci vuole qualcosa di ben più radicale: né più né meno che una rivoluzione culturale, che porti a una rifondazione della politica”.
Ibidem, pagg. 42-43.

LA SUDDITANZA DELLA POLITICA
“Concepire un modello coerente e desiderabile di società della decrescita corrisponde non soltanto a una riflessione teorica, ma anche a una tappa decisiva della sua realizzazione politica. Bisogna andare ancora più avanti nell’elaborazione di proposte concrete. Anche se il lavoro di profonda autotrasformazione della società e dei suoi cittadini ci sembra più importante delle scadenze elettorali. Questo però non vuol dire che il parto avverrà spontaneamente e senza dolore. La politica politicante oggi ha poca presa sulle realtà che è necessario cambiare, e dunque bisogna essere prudenti nell’utilizzarla. Ma neanche questo vuol dire che le competizioni elettorali non hanno più senso. Nei migliori dei casi, i governi possono soltanto frenare, rallentare o mitigare dei processi che non controllano, sempre che vogliano andare controcorrente. Esiste una “cosmocrazia” mondiale che, senza una decisione esplicita, svuota la politica della sua sostanza e impone le sue volontà attraverso la “dittatura dei mercati finanziari”. Che lo vogliano o no, tutti i governi sono dei ‘funzionari’ del capitale”.
Ibidem, pag. 83

LA PROFEZIA DI SALVADOR ALLENDE
“Il dramma della mia patria è quello di un Vietnam silenzioso. In Cile non ci sono truppe di occupazione né aerei che bombardano. Ma noi siamo colpiti da un blocco economico e ci viene negato il credito dagli organismi finanziari internazionali. Siamo di fronte a un vero e proprio conflitto tra multinazionali e stati. Gli stati non sono più padroni delle loro decisioni fondamentali, politiche, economiche e militari, a causa delle multinazionali, che non dipendono da nessuno stato. Le multinazionali operano senza assumersi nessuna responsabilità e non sono controllate da nessun parlamento o istanza rappresentativa dell’interesse generale. In poche parole, la struttura politica del mondo è stravolta. Le grandi imprese multinazionali nuocciono agli interessi dei paesi in via di sviluppo. E le loro attività, causa di asservimento e senza controllo, nuocciono anche ai paesi industrializzati dove si realizzano”.
Salvador Allende, discorso all’ONU del dicembre 1972, in Ibidem, pagg. 91-92.

LA DESTRA, LA SINISTRA E LA PREOCCUPAZIONE ECOLOGICA
“Il movimento della decrescita è rivoluzionario e anticapitalistico (e anche antiutilitaristico), e il suo programma è fondamentalmente politico. Ma è di destra o di sinistra? Molti ecologisti, [...] pensano che “oggi la vera contrapposizione politica non è più tra ‘destra’ e ‘sinistra’ ma tra partigiani della preoccupazione ecologica e predatori”. Indubbiamente si può sostenere che il programma che noi proponiamo, che è in primo luogo un programma di buon senso, è altrettanto poco condiviso sia a sinistra che a destra. Va notato però che i partigiani della preoccupazione ecologica che non si collocano “a sinistra” [...] rimangono stranamente silenziosi sui predatori...”.
Ibidem pag. 111.
IDEOLOGIA DELLO SVILUPPO: LA PIU’ GRANDE ARMA DI DISTRUZIONE DI MASSA
“Sviluppo infinito all’interno di un mondo finito è assurdo come dire crescita infinita. Almeno in termini biologici, allo sviluppo e alla crescita il limite è imposto dal declino e dalla morte che seguono la maturità. L’ideologia del progresso introduce invece l’immortalità nel cuore della mitologia economica. La crescita infinita e artificiale dei beni e quella, postulata, dei mezzi per soddisfarla in parte impediscono di considerare realmente i limiti della condizione umana e di affrontare la finitezza del nostro pianeta per cercare di vincere la sfida di una ‘buona’ esistenza e di una società felice... E’ possibile affermare che, spingendo tutti a consumare come gli americani, l’deologia dello sviluppo è stata ‘la più grande arma di distruzione di massa’ pensata dal genere umano. Come dimostra la catastrofe ecologica e sociale planetaria a cui ci prepara la Cina, bisognerebbe invece seguire la direzione opposta: decontaminarci e circoscrivere il flagello”.
Serge Latouche, La scommessa della decrescita, Feltrinelli, 2008, pag. 85
BEN-ESSERE VS BEN-AVERE
“...per il Nord del mondo, il primo obiettivo di una politica della decrescita potrebbe consistere nel rovesciare la logica che unisce produzione del benessere e Pil. Si tratta di scindere miglioramento della condizione dei singoli individui e aumento numerico della produzione materiale, in altri termini bisogna far decrescere il “ben-avere” misurato dagli indicatori economici per migliorare il “ben-essere” realmente vissuto. Questo potrebbe realizzarsi in modo semplice applicando sistematicamente il principio “inquinatore-pagatore”. In questo modo si arriverebbe probabilmente a un blocco del sistema, dal momento che oggi la crescita rappresenta un affare redditizio solo se i suoi costi vengono sostenuti dalla natura, dalle generazioni future, dalla salute dei consumatori e dalle condizioni di lavoro. Per questo è necessaria una rottura”.
Ibidem, pag. 98

Commenti

Post popolari in questo blog

Il genocidio

A trentacinque anni di distanza credo valga la pena rileggere questo intervento che Pasolini tenne alla festa de l'Unità di Milano nel 1974 e pubblicato all'epoca da Rinascita . È di un'attualità impressionante. Si parla di genocidio dei valori, di crisi economica, di incapacità a distinguere "sviluppo" da "progresso" (quanto di più attuale quando tutti, anche a sinistra, ormai parlano solo di sviluppo e trascurano il progresso, tranne che nel dirsi progressisti a parole), del ritorno sinistro di valori propri della destra nazista.   Pier Paolo Pasolini, Scritti corsari, Garzanti 1981, pag. 277.   Vorrete scusare qualche mia imprecisione o incertezza terminologica. La materia – si è premesso – non è letteraria, e disgrazia o fortuna vuole che io sia un letterato, e che perciò non possegga soprattutto linguisticamente i termini per trattarla. E ancora una premessa: ciò che dirò non è frutto di un'esperienza politica nel senso specifico, e per così di

Ode all'ape

Ode all'ape Moltitudine di api! Entra ed esce dal carminio, dall'azzurro, dal giallo, dalla più tenera morbidezza del mondo: entra in una corolla precipitosamente, per affari, esce con un vestito d'oro e gli stivali gialli. perfetta dalla cintura, con l'addome rigato da sbarre scure, la testolina sempre pensierosa e le ali bagnate: entra in tutte le finestre odorose, apre le porte della seta, penetra nei talami dell'amore più fragrante, inciampa in una goccia di rugiada come in un diamante e da tutte le case che visita estrae il miele misterioso, ricco e pesante miele, spesso aroma, liquida luce che cade a goccioloni, finché al suo palazzo collettivo ritorna e nelle gotiche merlature deposita il prodotto del fiore e del volo, il sole nuziale serafico e segreto! Moltitudine d'api! Elevazione sacra dell'unità, collegio palpitante! Ronzano sonori numeri che lavorano il nettare, passano veloc

Occorre un Mandela per Israele

Nel 2023 ha ancora senso pensare in termini di stati su base etnico-religiosa? Ha senso incaponirsi su uno stato per gli ebrei e uno per i palestinesi? Non ci si rende conto che sono proprio gli stati e i confini che creano le guerre? Non avrebbe più senso che ebrei e palestinesi vivessero insieme in pace come fratelli sulla stessa terra dei padri in un unico stato? Sono un sognatore? Forse! Ma sono in compagnia di chi diceva I have a dream. E la sinistra  invece di fare manifestazioni pro stato palestinese dovrebbe avere un orizzonte più ampio perché a questo servono le utopie: ad avere uno sguardo lungo che permetta di costruire un cammino. Senza cadere nella trappola  degli  opposti estremismi che si sostengono a vicenda. Hamas ha bisogno di Netanyahu e Netanyahu ha bisogno di Hamas. In mezzo, come ostaggi, i due popoli. Occorre sottrarsi a questo schema, che non vuol dire essere neutrali, ma sottrarsi alle tifoserie degli opposti estremismi. Rivendicare uno stato per gli ebrei e un