17 gennaio 2014. Piazzale della stazione di Taranto. Ore 8.00.
Sono fuori a godermi i raggi del sole di gennaio in attesa della mia coincidenza. Un regalo per me che arrivo dalla grigia pianura padana, e ancora non sapevo che di lì a poco avrei ricevuto un altro regalo.
Mi attacca discorso così: "Chiedono l'elemosina per poi comprare un gratta e vinci", dice indicando con la testa una donna Rom che gratta appoggiata sul cofano di un taxi. "Eh, tentano la fortuna", gli rispondo un po' svogliato temendo la solita filippica razzista.
Invece, comincia a raccontarmi la storia della sua vita, dei suoi quattro infarti e di come all'ultimo infarto è uscito dal coma, dopo che i medici lo avevano dato per spacciato. "Dopo tredici giorni improvvisamente ho aperto gli occhi, ho visto una forte luce e l'immagine di Padre Pio". Mi racconta dei miliardi (in vecchie lire) sperperati nei casinò di tutta Italia; delle truffe fatte, dei tanti lavori che gli hanno fruttato un sacco di soldi. Il suo aspetto tradisce il suo attuale stato di indigenza, simile a quello di molti che popolano il piazzale della stazione di Taranto. Ma è una persona solare, socievole e simpatica. Mi chiede come mi chiamo e ogni volta che si rivolge a me mi chiama per nome, atto sempre più raro nel mondo attuale quello di rivolgersi all'altro iniziando un discorso con il suo nome.
Quando mi racconta dei soldi sperperati, "il mio unico vizio", e fa il gesto delle mani che tengono le carte da gioco, legge nella mia faccia una nota di disappunto, di dispiacere per lui o non so cosa, come quando mi racconta dei suoi amici che oggi sono miliardari e lui invece... "Ma va bene così, non ho rimpianti. Se ti alzi la mattina e pensi di non valere niente allora è finita, ma se credi in te stesso, prima o poi, se non oggi domani, il sole spunta anche per te".
Arriva il suo autobus, sfila la mano dal guanto e stringe la mia in un saluto chiamandomi sempre per nome.
Non potevo ricevere regalo migliore in questa giornata di sole. E io non gli ho nemmeno chiesto come si chiama.
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