Dichiaro subito, a scanso di equivoci, il mio totale disprezzo per la famiglia Ligresti coinvolta negli affari più torbidi della recente storia italiana.
Detto questo, chiedo a quanti si indignano per la scarcerazione di favore di Giulia Ligresti, in carcere per falso in bilancio aggravato da grave nocumento ai risparmiatori e di manipolazione di mercato: sarebbe stato meglio se fosse morta? Sarebbe cambiato qualcosa nella condizione dei detenuti delle carceri italiane? Una morte così eccellente avrebbe forse pareggiato i conti con le tante morti anonime in quanto sconosciute al grande pubblico? Avrebbe forse restituito la vita anche ad un solo altro detenuto morto in cella? Non credo proprio. Quella morte, forse, avrebbe saziato la voglia di vendetta sociale che anima molti detrattori del ministro Cancellieri. Ma va ricordato, anche se non ce ne dovrebbe essere bisogno, che la pena di morte nel nostro paese non esiste. Per fortuna! Il gesto di umanità della Cancellieri è, dunque, tanto più apprezzabile perché ha derogato alla ragion di Stato che sempre nella storia vuole il sacrificio delle vite umane.
Non va sottaciuto il danno materiale alla vita di molte persone che la famiglia Ligresti ha procurato, le sofferenze per i risparmi di una vita andati in fumo gettando sul lastrico intere famiglie. Tutto vero, tutto esecrabile e condannabile nel modo più fermo possibile. Su questa famiglia deve pesare il disprezzo della collettività perché sia messa ai margini del consesso civile.
Tuttavia, e di converso, c'è da inorridire a sentire a Ballarò una antropologa docente universitaria dire che un ministro non è chiamato a fare il bene. Ecco, è proprio questa l'espressione più cinica della ragion di stato. Ben vengano ministri che nell'applicazione delle leggi in modo equo e giusto facciano anche del bene, perché solo così si salva quella parte di umanità che spesso viene lasciata fuori dalle istituzioni e tra queste istituzioni il carcere è la massima espressione di disumanità, luogo per eccellenza la cui unica regola è l'assenza di regole, l'arbitrio, molto spesso, la degradazione dell'essere umano. Sull'universo concentrazionario hanno versato fiumi di inchiostro illustri sociologi che non serve qui riassumere.
E' cronaca degli ultimi anni la storia di detenuti morti in carcere perché il giudice di sorveglianza era andato in vacanza. Morti di malattia o suicidio perché la detenzione era incompatibile con il loro stato di salute. Se l'intervento della ministra Cancellieri sul caso Ligresti servirà ad aprire un dibattito serio sulla condizione della popolazione carceraria nel nostro paese per cercare delle soluzioni che non siano solo l'indulto o la grazia, ma che riporti l'attenzione sulla persona detenuta, allora quel gesto di umanità non sarà stato solo l'ennesimo favoritismo della casta a se stessa.
Detto questo, chiedo a quanti si indignano per la scarcerazione di favore di Giulia Ligresti, in carcere per falso in bilancio aggravato da grave nocumento ai risparmiatori e di manipolazione di mercato: sarebbe stato meglio se fosse morta? Sarebbe cambiato qualcosa nella condizione dei detenuti delle carceri italiane? Una morte così eccellente avrebbe forse pareggiato i conti con le tante morti anonime in quanto sconosciute al grande pubblico? Avrebbe forse restituito la vita anche ad un solo altro detenuto morto in cella? Non credo proprio. Quella morte, forse, avrebbe saziato la voglia di vendetta sociale che anima molti detrattori del ministro Cancellieri. Ma va ricordato, anche se non ce ne dovrebbe essere bisogno, che la pena di morte nel nostro paese non esiste. Per fortuna! Il gesto di umanità della Cancellieri è, dunque, tanto più apprezzabile perché ha derogato alla ragion di Stato che sempre nella storia vuole il sacrificio delle vite umane.
Non va sottaciuto il danno materiale alla vita di molte persone che la famiglia Ligresti ha procurato, le sofferenze per i risparmi di una vita andati in fumo gettando sul lastrico intere famiglie. Tutto vero, tutto esecrabile e condannabile nel modo più fermo possibile. Su questa famiglia deve pesare il disprezzo della collettività perché sia messa ai margini del consesso civile.
Tuttavia, e di converso, c'è da inorridire a sentire a Ballarò una antropologa docente universitaria dire che un ministro non è chiamato a fare il bene. Ecco, è proprio questa l'espressione più cinica della ragion di stato. Ben vengano ministri che nell'applicazione delle leggi in modo equo e giusto facciano anche del bene, perché solo così si salva quella parte di umanità che spesso viene lasciata fuori dalle istituzioni e tra queste istituzioni il carcere è la massima espressione di disumanità, luogo per eccellenza la cui unica regola è l'assenza di regole, l'arbitrio, molto spesso, la degradazione dell'essere umano. Sull'universo concentrazionario hanno versato fiumi di inchiostro illustri sociologi che non serve qui riassumere.
E' cronaca degli ultimi anni la storia di detenuti morti in carcere perché il giudice di sorveglianza era andato in vacanza. Morti di malattia o suicidio perché la detenzione era incompatibile con il loro stato di salute. Se l'intervento della ministra Cancellieri sul caso Ligresti servirà ad aprire un dibattito serio sulla condizione della popolazione carceraria nel nostro paese per cercare delle soluzioni che non siano solo l'indulto o la grazia, ma che riporti l'attenzione sulla persona detenuta, allora quel gesto di umanità non sarà stato solo l'ennesimo favoritismo della casta a se stessa.
D'accordo nello stigmatizzare l'esiziale connubio cinismo-ragion di Stato, ma la cosa è stata gestita male: non so se le condizioni della detenuta fossero davvero così gravi, ma se lo fossero state il ministro per primo avrebbe dovuto denunciare la vicenda in Parlamento per affermare pubblicamente lo scandalo di una condizione dei detenuti tale per cui chi non può affidarsi alla mano "caritatevole" del notabile amico può tranquillamente crepare in carcere nel silenzio e nell'indifferenza.
RispondiElimina