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La convenienza della guerra in Ucraina




Non so nulla di geopolitica, ma come cittadino di questo mondo questa guerra nel cuore dell'Europa mi ha imposto alcune riflessioni. 

E' inutile dire che il regime di Putin è un regime dittatoriale di stampo fascista, un regime brutale, trai i più brutali della storia recente dell'Europa. Per restare al nostro continente. Inutile dire che l'imperialismo russo è speculare all''imperialismo americano e animato dallo stesso spirito egemonico.  E' inutile anche dire che è sacrosanto il diritto dovere alla difesa degli ucraini e che questo va sostenuto con ogni mezzo perché la prepotenza di una dittatura non può diventare legge né qui e ora né mai.

Detto questo resta la domanda: a chi conviene questa guerra nel cuore dell'Europa? Ovviamente, all'aggressore russo, per lo meno nell'immediato, i cui intendimenti imperialisti ed egemonici su quell'area sono evidenti; e poi ai fabbricanti di armi che come in ogni guerra si arricchiscono col sangue delle vittime di cui non conoscono il volto. A chi altri conviene? Non certo all'UE che dopo ottanta anni di pace vede infrangersi il sogno di un'Europa pacificata. Resta un altro attore, finora non menzionato in queste poche righe: gli USA.

Ecco, a parte Putin e l'industria degli armamenti, gli USA sono gli unici che in prospettiva ci guadagnano in questa guerra, o per lo meno sperano di non perderci. Mi spiego. Una guerra logorante nel cuore dell'Europa come quella che si preannuncia in Ucraina indebolisce e ritarda il processo di integrazione europea (che non significa solo allargamento dei confini UE), oltre ad indebolire l'economia del continente che così diventerebbe sempre più dipendente dall'economia USA. Per lo meno questi sono i desiderata dell'amministrazione americana. Un'Europa forte che giungesse a diventare una federazione di stati sarebbe un contrappeso importante all'interno della Nato e un ridimensionamento dello strapotere statunitense su scala planetaria. Uno scenario che fa paura alla Casa Bianca da sempre. In più l'Europa avrebbe maggiori possibilità di dialogo con la Russia, sia con che senza Putin, perché la Russia è Europa. La cultura russa fa parte della cultura europea, che è cultura umanistica, in tutto e per tutto fin dalla notte dei tempi, dalla letteratura alla musica, ancor prima che nel mondo occidentale, e quindi anche nel nostro continente, si imponesse la cultura muscolare americana trascinata dallo strapotere dell'industria cinematografica (si pensi alla saga western, non certo quelli alla Sergio Leone). Probabilmente la Russia si sentirebbe più rassicurata ad avere ai propri confini un'Europa forte, con la la quale si condividono gli stessi codici culturali, ma soprattutto un'Europa che bene o male ha compiuto un lavoro su se stessa di riconciliazione dopo il secondo conflitto mondiale e che non ha mire egemoniche militari, che fosse in grado di tenere testa agli USA con una propria politica autonoma sulle questioni internazionali, piuttosto che un'Europa debole succube degli Stati Uniti e perennemente sotto l'ombrello protettivo a stelle e strisce.

Se questo scenario ha un qualche fondamento si capisce benissimo chi alla fine ci guadagni da questa guerra. E se ha un qualche fondamento si capisce anche a chi convenga mettere fine al più presto a questo conflitto. Paradossalmente conviene anche alla Russa per spingere l'Europa ad affrancarsi dagli USA. Ma l'Europa vuole affrancarsi dagli USA e fare da bilanciamento allo strapotere americano? La classe dirigente europea ha abbastanza autonomia decisionale da immaginare un'Europa libera di decidere del proprio destino fuori dal controllo americano? Ma soprattutto abbiamo in Europa una classe politica con la schiena dritta che si senta prima di tutto europea?  Perché in questa guerra tutti sono corsi alla corte di Biden per rassicurare l'alleato? Possibile che l'Europa, a quasi ottanta anni dalla fine della seconda guerra mondiale, non sia ancora capace di decidere in autonomia del proprio destino? Tutti i nostri politici si dicono europeisti, ma poi, fateci caso, corrono ad inginocchiarsi davanti all'inquilino di turno della Casa Bianca non appena assumono uno strapuntino di potere, come a volerlo rassicurare che non assumeranno mai una politica che metta in discussione l'egemonia americana nel mondo. La ritualità di questo gesto la dice lunga sull'autonomia decisionale della nostra politica. E purtroppo anche sul nostro destino.




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