Livù magazine, n. 38, aprile 2011.
Ma davvero ci illudiamo che sconfitto Berlusconi questo paese sarà migliore? Io temo di no. Temo che quasi vent’anni di berlusconismo abbiano lasciato un segno profondo, che Berlusconi prima ancora che nelle urne abbia vinto dal punto di vista culturale. Berlusconi, e nessuno meglio di lui nella storia della Repubblica, è riuscito a parlare essenzialmente alla pancia degli italiani, ha fatto diventare valori ciò che intere generazioni hanno considerato disvalori: l’egoismo, il tornaconto personale ottenuto ad ogni costo, il disprezzo delle regole, le scorciatoie per la carriera che passano dalle stanze da letto, il conflitto di interessi elevato a sistema (ce n’è in ogni settore della vita amministrativa ed è trasversale agli schieramenti), l’odio per gli avversari (altro che partito dell’amore!), il disprezzo per i diversi da sé, la politica dei respingimenti in mare, la politica premiale nei confronti degli evasori fiscali che vengono osannati dal popolino come “dritti”, l’abuso di potere, e l’elenco potrebbe continuare. Basta guardarci intorno e dentro noi stessi per vedere cosa siamo diventati. Basta tentare di attraversare la strada sulle strisce pedonali (quando esistono), per fare un esempio banale, per rendersi conto che nessuno più rispetta il codice della strada e si ferma per farci attraversare, perché le regole valgono solo per gli altri, per i fessi. Basta guardare quanto impegno ci mettiamo, ciascuno di noi, nel fare la raccolta differenziata, tanto per fare un altro esempio. Eppure, la tutela dell’ambiente dovrebbe riguardarci in prima persona perché ha ripercussioni immediate sulla nostra salute, al contrario di ciò che pensiamo. Ci diciamo: “perché lo devo fare io e gli altri no, non sono mica più fesso!”. Ecco, il berlusconismo è proprio questo approccio mentale che diventa espressione culturale nella misura in cui diviene riferimento maggioritario tra le persone e assume così la veste del modo di essere di un popolo.
Si dirà: ma non esiste solo Berlusconi, c’è l’opposizione! Giusto. Peccato che sia un’opposizione di carta, perché mentre Berlusconi, che è un maestro di comunicazione, riusciva a parlare agli italiani, seppur alla parte più bassa e istintuale, dall’altra parte era come se la sinistra non avesse più le parole per articolare i propri discorsi, come se soffrisse di una sorta di afasia che le impedisse di trovare le parole giuste per vestire i valori che hanno fatto grandi i partiti di massa della prima Repubblica, per continuare a parlare in modo nuovo di questione morale quando più ce ne sarebbe stato bisogno proprio perché Berlusconi irrideva alla morale, di rispetto delle istituzioni, di Costituzione, di rispetto dei ruoli, di solidarietà, di giustizia sociale, di quanto, come ha detto Padoa Schioppa, sia bello pagare le tasse perché in quell’atto si sostanzia la solidarietà sociale. Ma l’opposizione ha paura di andare contro la pancia degli italiani, ha paura di farsi classe dirigente, preferisce glissare e sperare di liberarsi del miliardario ridens con l’aiuto della magistratura. Su questo, temo, il presidente del consiglio abbia ragione, ma non perché c’è un complotto contro di lui (i reati sembrano esserci tutti), ma perché l’opposizione è incapace di fare altro. E allora, a sinistra vincerà chi saprà recuperare il linguaggio degli ideali, non contro ma per.
Ma davvero ci illudiamo che sconfitto Berlusconi questo paese sarà migliore? Io temo di no. Temo che quasi vent’anni di berlusconismo abbiano lasciato un segno profondo, che Berlusconi prima ancora che nelle urne abbia vinto dal punto di vista culturale. Berlusconi, e nessuno meglio di lui nella storia della Repubblica, è riuscito a parlare essenzialmente alla pancia degli italiani, ha fatto diventare valori ciò che intere generazioni hanno considerato disvalori: l’egoismo, il tornaconto personale ottenuto ad ogni costo, il disprezzo delle regole, le scorciatoie per la carriera che passano dalle stanze da letto, il conflitto di interessi elevato a sistema (ce n’è in ogni settore della vita amministrativa ed è trasversale agli schieramenti), l’odio per gli avversari (altro che partito dell’amore!), il disprezzo per i diversi da sé, la politica dei respingimenti in mare, la politica premiale nei confronti degli evasori fiscali che vengono osannati dal popolino come “dritti”, l’abuso di potere, e l’elenco potrebbe continuare. Basta guardarci intorno e dentro noi stessi per vedere cosa siamo diventati. Basta tentare di attraversare la strada sulle strisce pedonali (quando esistono), per fare un esempio banale, per rendersi conto che nessuno più rispetta il codice della strada e si ferma per farci attraversare, perché le regole valgono solo per gli altri, per i fessi. Basta guardare quanto impegno ci mettiamo, ciascuno di noi, nel fare la raccolta differenziata, tanto per fare un altro esempio. Eppure, la tutela dell’ambiente dovrebbe riguardarci in prima persona perché ha ripercussioni immediate sulla nostra salute, al contrario di ciò che pensiamo. Ci diciamo: “perché lo devo fare io e gli altri no, non sono mica più fesso!”. Ecco, il berlusconismo è proprio questo approccio mentale che diventa espressione culturale nella misura in cui diviene riferimento maggioritario tra le persone e assume così la veste del modo di essere di un popolo.
Si dirà: ma non esiste solo Berlusconi, c’è l’opposizione! Giusto. Peccato che sia un’opposizione di carta, perché mentre Berlusconi, che è un maestro di comunicazione, riusciva a parlare agli italiani, seppur alla parte più bassa e istintuale, dall’altra parte era come se la sinistra non avesse più le parole per articolare i propri discorsi, come se soffrisse di una sorta di afasia che le impedisse di trovare le parole giuste per vestire i valori che hanno fatto grandi i partiti di massa della prima Repubblica, per continuare a parlare in modo nuovo di questione morale quando più ce ne sarebbe stato bisogno proprio perché Berlusconi irrideva alla morale, di rispetto delle istituzioni, di Costituzione, di rispetto dei ruoli, di solidarietà, di giustizia sociale, di quanto, come ha detto Padoa Schioppa, sia bello pagare le tasse perché in quell’atto si sostanzia la solidarietà sociale. Ma l’opposizione ha paura di andare contro la pancia degli italiani, ha paura di farsi classe dirigente, preferisce glissare e sperare di liberarsi del miliardario ridens con l’aiuto della magistratura. Su questo, temo, il presidente del consiglio abbia ragione, ma non perché c’è un complotto contro di lui (i reati sembrano esserci tutti), ma perché l’opposizione è incapace di fare altro. E allora, a sinistra vincerà chi saprà recuperare il linguaggio degli ideali, non contro ma per.
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