Perché proprio e ancora Parigi? La risposta che mi viene da dare è perché Parigi è l'origine e il centro dei valori della civiltà occidentale: libertà, uguaglianza, fraternità. Valori conquistati col sangue delle teste coronate decapitate in piazza. Oggi, a differenza di allora, altro sangue, questa volta innocente, viene versato da chi quei valori sente siano stati traditi, proprio a partire da se stesso. Sente che la libertà gli è negata per assenza di lavoro; sente di non essere uguale al suo connazionale con la pelle bianca; sente che la diffidenza nei suoi confronti aumenta, il contrario della fratellanza. Sente. E' un sentire, una percezione che però origina da fatti oggettivi, da un sistema di inclusione e di welfare che ha ceduto il passo alle regole delle compatibilità economiche imposte dalle banche agli Stati, che ha ceduto il passo alla finanza prima che alle persone. E' dunque dentro noi stessi, di noi europei, che va cercato l'origine del male di vivere male, prima ancora di cercare cause esogene che nulla hanno a che fare, se non in parte, con quanto ci sta accadendo. Come per ogni processo di guarigione è da sé che bisogna partire. E l'Europa è decisamente malata.
A trentacinque anni di distanza credo valga la pena rileggere questo intervento che Pasolini tenne alla festa de l'Unità di Milano nel 1974 e pubblicato all'epoca da Rinascita . È di un'attualità impressionante. Si parla di genocidio dei valori, di crisi economica, di incapacità a distinguere "sviluppo" da "progresso" (quanto di più attuale quando tutti, anche a sinistra, ormai parlano solo di sviluppo e trascurano il progresso, tranne che nel dirsi progressisti a parole), del ritorno sinistro di valori propri della destra nazista. Pier Paolo Pasolini, Scritti corsari, Garzanti 1981, pag. 277. Vorrete scusare qualche mia imprecisione o incertezza terminologica. La materia – si è premesso – non è letteraria, e disgrazia o fortuna vuole che io sia un letterato, e che perciò non possegga soprattutto linguisticamente i termini per trattarla. E ancora una premessa: ciò che dirò non è frutto di un'esperienza politica nel senso specifico, e per così di
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