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Fiat di Pomigliano: l’accordo che modifica la Costituzione

Art. 41 della Costituzione della Repubblica italiana

L'iniziativa economica privata è libera.

Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.

La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.

E' questo un altro dei pilastri della Costituzione che Berlusconi vorrebbe modificare, soprattutto nel secondo comma, per liberare le mani dai lacci e lacciuoli di quello che una volta si chiamava il capitale nel rapporto con la forza lavoro. Lo ha dichiarato pochi giorni fa all'assemblea della Confartigianato. Ora, affianco al presidente del consiglio, ecco scendere in campo Marchionne a imporre un accordo ai sindacati che incide, oltre che nella politica, immediatamente nella carne delle persone: investimenti per riportare le produzioni dalla Polonia a Pomigliano in cambio di turni per utilizzare gli impianti 24 ore al giorno per sei giorni la settimana; 80 ore di straordinari a testa comandati; recupero di un eventuale ritardo in entrata al lavoro rinunciando alla pausa mensa di mezz'ora, ma, ciò che è più grave, rinuncia al diritto individuale di sciopero garantito dalla Costituzione. E ancora: contrazione della pause fisiologiche, aumento dei ritmi, non pagamento dei periodi di malattia qualora l'assenteismo superi la media (quale media poi?). Significativo il titolo dell'editoriale di Valentino Parlato di oggi su il manifesto: "Repubblica di robot". O i sindacati accettano il ricatto occupazionale rinunciando ai diritti o Pomigliano chiude.

A nulla valgono le argomentazioni della Fiom che dice che i diritti individuali non possono essere oggetto di trattativa, da parte di nessun sindacato, perché trattasi di diritti indisponibili, tanto più se Costituzionalmente protetti. Si discuta di tutto ciò che riguarda l'organizzazione del lavoro, ma non si tocchi il diritto di sciopero. Bene ha fatto la Cgil, superando la frattura con la Fiom, a ribadire che "ogni firma apposta a questa clausola non è semplicemente invalida, è inefficace e inesistente".

Se quel secondo comma dell'art. 41 ha ancora un senso, allora questo accordo capestro, accettato da Fim e Uilm, configura precisamente l'attività economica privata come in netto contrasto con la libertà e la dignità umana. Proviamo ad immaginare se dovesse passare il disegno Marchionne cosa succederebbe ancora e di più di quanto già non accada sul fronte dei diritti nelle medie e piccole imprese. La Fiat, però, sa, e ciò è ancora più squallido, che questo ricatto ha forte presa perché interviene in una realtà sociale dove più pressante è il ricatto occupazionale, dove il grumo delle problematiche sociali rende più difficile la lotta per la difesa dei diritti, dove il deserto economico che sta intorno a Pomigliano rende la Fiat un'oasi all'ombra della quale, comunque, è possibile un qualche ristoro. Tutto ciò è drammatico, ma in questo sta la durezza della posta in gioco.

Qualcuno si era illuso che la globalizzazione insieme ad una crescita economica avrebbe portato un'estensione dei diritti. Non si è realizzata né la prima ipotesi, e la crisi lo sta dimostrando, né la seconda. Anzi, il modello cinese di sfruttamento della manodopera rischia di diventare il punto di riferimento con un arretramento sul fronte delle conquiste sociali di cui l'Europa è stato un modello.

Ad un attacco così grave senza precedenti dal dopoguerra ad oggi ai diritti dei lavoratori, l'opposizione parlamentare del maggior partito, il Pd, è quanto di più inadeguato il momento possa richiedere. Bersani si è limitato a balbettare qualcosa della serie per favore trovate un accordo, quando invece avrebbe dovuto difendere a spada tratta e senza mezzi termini i diritti dei lavoratori da questo attacco indecente e volgare. Avrebbe dovuto ricordare a Marchionne gli incentivi di cui la Fiat ha goduto, i miliardi a fondo perduto ricevuti dallo Stato nel corso dei decenni dalla casa torinese per ristrutturazioni e cassa integrazione, il regalo dell'Alfa Romeo di Stato quando Prodi era presidente dell'Iri. Ma non lo ha fatto e temo non lo farà. Ancora una volta a rimetterci sarà l'anello più debole della catena, saranno i lavoratori, ma soprattutto sarà la democrazia e la libertà di manifestare il proprio dissenso con lo sciopero. Il primo passo è l'abolizione dell'art. 41 della Costituzione, l'ultimo argine rimasto alla cancellazione dello Statuto dei lavoratori.

Commenti

  1. Speriamo, come scrive Erri De Luca sul Manifesto di oggi, che siano passi indietro come quelli che si compiono per prendere la rincorsa e vincere domani.

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  2. temo, caro Antonio, che da un passo indietro sui diritti Costituzionali si faccai fatica a riprendere la rincorsa. Resta la speranza, ovviamente, ma i rischi per la democrazia sono troppo alti.

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  3. non è la prima volta che i lavoratori vengono sottoposti ad un ricatto. http://www.matteolucatello.it/i-lavoratori-votano-con-un-cappio-al-collo/

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