La Cassazione ha deciso la linea dura contro gli immigrati con una sentenza in base alla quale gli irregolari vanno espulsi anche se hanno figli minori che frequentano le nostre scuole e sono nati in Italia.
Ora, al di là del merito giuridico della sentenza (si sa il diritto è come un elastico, lo si può tirare a piacimento, tanto che una precedente sentenza sempre della Cassazione del gennaio scorso aveva sancito giusto il contrario), resta un fatto squisitamente sociale e politico.
Proviamo ad immaginare un ragazzino che frequenti le nostre scuole dell'obbligo, proviamo ad immaginare se ad uno dei nostri figli di punto in bianco venisse sottratto per legge il proprio padre e rispedito a migliaia di chilometri di distanza senza alcuna certezza che potrà mai ritornare e che quel bambino possa rivederlo, mentre quel bambino è nato, cresciuto, ha stabilito relazioni affettive, si è legato ai luoghi del nostro paese. Con che conflitto interiore, con che dramma e che tensione potrà affrontare la vita quotidiana? Quale peso si porterà dentro? Quale senso di colpa? Come guarderà, da quel momento in poi, il nostro paese? E come ci guarderà? Come e chi gli spiegherà che suo padre non ha commesso alcun reato, che non ha fatto del male a nessuno, non ha rubato, ma che è diventato clandestino nel momento in cui ha avuto la sfortuna di perdere il lavoro? Una doppia punizione: disoccupato e clandestino. In questo momento di crisi saranno sempre più frequenti i casi come questo e non basteranno i sei mesi previsti dalla legge per trovare un altro lavoro con un Pil che cala del cinque e rotti per cento.
Rischiamo di allevare una generazione di ragazzi che comincerà a covare dentro di sé una rabbia e un odio indicibile nei nostri confronti e del nostro/suo paese pronto ad esplodere in qualsiasi momento e nelle forme meno prevedibili, anche quando, o soprattutto, decidessero di tornarsene tutti nel paese d'origine del padre. Non ne faccio una questione di buoni sentimenti, ma molto pratica e razionale: rischiamo di coltivare vaste forme di disagio psico-sociale e di allevare per questo potenziali nemici. La politica della sicurezza e della pace si fa con l'integrazione, con l'accoglienza. Il pugno duro rischia di essere un boomerang, una bomba ad orologeria piazzata sotto la sedia del futuro. Ne pagheremo tutti le conseguenze, ma questa è l'Italia che questa maggioranza consegna al futuro se non si corre ai ripari modificando la legge sull'immigrazione e mandando a casi i cialtroni che ci governano.
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