Passa ai contenuti principali

La fogna mediatica

"Fogna mediatica" per definire il diritto-dovere di giornali e Tv di informare non si era ancora sentito. Forse solo Berlusconi finora si era spinto a tanto nelle sue innumerevoli esternazioni contro la stampa rea di divulgare notizie sacrosante sui processi pendenti e le inchieste su di lui. Eppure queste parole sono state pronunciate da un magistrato, il procuratore capo della Repubblica di Ferrara, Rosario Minna, a margine di un'udienza preliminare per il processo Aldrovandi bis in cui è stata chiamata a testimoniare la pm Mariamanuela Guerra titolare della prima fase delle indagini sulla morte di Federico. Riferiscono le cronache che è piombato in aula all'insaputa di tutti (anche del sostituto titolare dell'inchiesta, Nicola Proto) per contestare al gup Monica Bighetti la decisione di convocare la Guerra per testimoniare della telefonata intercorsa tra lei e il dirigente delle volanti Paolo Marino di cui si dovrà decidere il rinvio a giudizio o meno per omissioni d'atti d'ufficio. Secondo l'accusa Marino indusse il pm a non recarsi sul posto attribuendo le cause della morte del ragazzo ad un malore e tacendo, invece, sulla dura colluttazione avuta da Federico con i quattro agenti condannati in primo grado. Per questo suo comportamento il pm Guerra fu sottoposta a indagine dal Csm che non lo ritenne censurabile. E a quelle carte e quella decisione dell'organo di autogoverno della magistratura Minna pretendeva si facesse riferimento in questo procedimento bis non ascoltando come testimone la Guerra. Una reazione veemente e inspiegabile da parte del capo di una procura che non dovrebbe mai temere le aule di un tribunale.

In punta di diritto Minna potrebbe anche aver ragione nel ritenere che un magistrato parla attraverso i propri atti e che non può essere chiamato a testimoniare. Ma l'uscita del capo della procura, per i toni e i modi (anche nei confronti dell'attuale pm titolare dell'inchiesta), ha fatto sì che martedì scorso si scrivesse un'altra brutta pagina in questa già tragica vicenda per la morte di Federico. Ancora una volta sono stati offesi e feriti i sentimenti dei genitori del ragazzo, ma anche quelli di una larga parte della città che si è stretta intorno alla famiglia Aldrovandi in questi cinque anni. Il pm Minna ha tutti gli strumenti giuridici del caso per aprire eventualmente un fascicolo sulla fuga di notizie su un'udienza preliminare, se è questo ciò che contesta, ma non può definire "fogna mediatica" il diritto-dovere di informazione senza il quale il caso Aldrovandi probabilmente sarebbe già finito da un pezzo in archivio. Vale la pena ricordare a questo proposito, quasi fosse una triste continuità, come il suo predecessore tentò di sequestrare documenti dalle redazioni dei giornali e telegiornali di tutt'Italia che cominciavano a parlare del caso di Federico fino a quel momento rimasto in un limbo investigativo. Allora viene da chiedersi perché. Perché il diritto di una famiglia affinché si faccia luce sulla morte del proprio figlio di 18 anni deve essere osteggiato in questo modo?

Ciò di cui hanno parlato i giornali non è nulla di nuovo e che non sia già emerso nel corso del processo principale di primo grado, dunque in una fase dibattimentale pubblica, contro i quattro imputati che causarono la morte di Federico. E allora perché tanta veemenza? Non c'è proporzione tra la reazione di Minna e i fatti riportati dalla stampa, fatti, ribadisco, ampiamente noti all'opinione pubblica. E allora qual è il vero obiettivo? La difesa del diritto si fa in primo luogo accertando fino in fondo le cause che portarono al decesso di un ragazzo di 18 anni, solo, indifeso, disarmato, incensurato e che non costituiva alcun pericolo per gli altri e per sé, ma che, semmai, aveva bisogno di aiuto e che invece si è trovato a fronteggiare le percosse di quattro adulti in divisa e in servizio. Questa è la difesa del diritto. Il diritto di avere verità e giustizia, il diritto che un ragazzo di quell'età (dunque maggiorenne) possa anche camminare per strada alle cinque della mattina senza timore di incontrare una pattuglia della polizia solo perché ha dimenticato i documenti a casa o perché ha fumato dell'erba o ha preso un acido, ma non per questo è un delinquente.

Sarebbe troppo pretendere dal capo della procura le scuse formali in primo luogo nei confronti della famiglia Aldrovandi e in secondo luogo della stampa locale. Si spera, almeno, che quanto accaduto non sia il segno di una frattura interna alla stessa procura di cui, francamente, questa città non ha bisogno per i vari fronti giudiziari aperti che attendo giustizia e verità non solo sul caso Aldrovandi (asilo di via del Salice, processo Solvay per citarne solo due dei più importanti).

Commenti

  1. Caro Giuseppe, non ci conosciamo, credo, ma apprezzo questo tuo post. Solo correggerei una frasetta: le scuse di Minna non andrebbero solo alla stampa locale, ma anche a quei "poveracci" che in diversi modi su quella nazionale (scritta e televisiva) si sono immersi nelle "fogne" del "caso Aldrovandi", pagandone (anche a distanza di anni) professionalmente il prezzo...

    http://lerrico.blogspot.com/2010/02/un-saluto-dalla-fogna.html

    RispondiElimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

Il genocidio

A trentacinque anni di distanza credo valga la pena rileggere questo intervento che Pasolini tenne alla festa de l'Unità di Milano nel 1974 e pubblicato all'epoca da Rinascita . È di un'attualità impressionante. Si parla di genocidio dei valori, di crisi economica, di incapacità a distinguere "sviluppo" da "progresso" (quanto di più attuale quando tutti, anche a sinistra, ormai parlano solo di sviluppo e trascurano il progresso, tranne che nel dirsi progressisti a parole), del ritorno sinistro di valori propri della destra nazista.   Pier Paolo Pasolini, Scritti corsari, Garzanti 1981, pag. 277.   Vorrete scusare qualche mia imprecisione o incertezza terminologica. La materia – si è premesso – non è letteraria, e disgrazia o fortuna vuole che io sia un letterato, e che perciò non possegga soprattutto linguisticamente i termini per trattarla. E ancora una premessa: ciò che dirò non è frutto di un'esperienza politica nel senso specifico, e per così di

Ode all'ape

Ode all'ape Moltitudine di api! Entra ed esce dal carminio, dall'azzurro, dal giallo, dalla più tenera morbidezza del mondo: entra in una corolla precipitosamente, per affari, esce con un vestito d'oro e gli stivali gialli. perfetta dalla cintura, con l'addome rigato da sbarre scure, la testolina sempre pensierosa e le ali bagnate: entra in tutte le finestre odorose, apre le porte della seta, penetra nei talami dell'amore più fragrante, inciampa in una goccia di rugiada come in un diamante e da tutte le case che visita estrae il miele misterioso, ricco e pesante miele, spesso aroma, liquida luce che cade a goccioloni, finché al suo palazzo collettivo ritorna e nelle gotiche merlature deposita il prodotto del fiore e del volo, il sole nuziale serafico e segreto! Moltitudine d'api! Elevazione sacra dell'unità, collegio palpitante! Ronzano sonori numeri che lavorano il nettare, passano veloc

Israele-Palestina: un solo Stato per due popoli

Nel 2023 ha ancora senso pensare in termini di stati su base etnico-religiosa? Ha senso incaponirsi su uno stato per gli ebrei e uno per i palestinesi? Non ci si rende conto che sono proprio gli stati e i confini che creano le guerre? Non avrebbe più senso che ebrei e palestinesi vivessero insieme in pace come fratelli sulla stessa terra dei padri in un unico stato? Sono un sognatore? Forse! Ma sono in compagnia di chi diceva I have a dream. E la sinistra  invece di fare manifestazioni pro stato palestinese dovrebbe avere un orizzonte più ampio perché a questo servono le utopie: ad avere uno sguardo lungo che permetta di costruire un cammino. Senza cadere nella trappola  degli  opposti estremismi che si sostengono a vicenda. Hamas ha bisogno di Netanyahu e Netanyahu ha bisogno di Hamas. In mezzo, come ostaggi, i due popoli. Occorre sottrarsi a questo schema, che non vuol dire essere neutrali, ma sottrarsi alle tifoserie degli opposti estremismi. Rivendicare uno stato per gli ebrei e un