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Sanità: un giallo che rischia di lasciarci al verde


A distanza di sei anni ripropongo un mio articolo sulla Sogei, la società del ministero del tesoro, coinvolta nello scandalo che vede trai i protagonisti Marco Milanese, braccio destro del ministro Tremonti.

Rocca, n. 6, 2005

Costerà 58 milioni di euro l'anno il sistema di monitoraggio della spesa farmaceutica varato dal governo con l'articolo 50 di un decreto legge del 2003 (269/2003) convertito in legge nel novembre dello stesso anno (legge 326/2003). Oltre l'entità della spesa ci sono alcuni aspetti controversi che indignano sia la categoria dei farmacisti sia le associazioni dei consumatori, ma anche molti amministratori di entrambi gli schieramenti. Il primo di questi aspetti, il più importante, è che attualmente il ministero della salute mensilmente, quindi in tempo reale rispetto all'elaborazione, riceve già i dati sulla spesa farmaceutica. A costo zero per le casse pubbliche. Federfarma, la federazione dei titolari di farmacia, infatti, attraverso le sue Associazioni provinciali, contabilizza ed elabora per conto delle farmacie associate tutte le ricette su base territoriale. I dati sono inoltrati alle Ausl per la liquidazione, da queste alle Regioni, infine, a stretto giro telematico, al ministero della salute il quale li rende pubblici attraverso il proprio sito Internet all'indirizzo: www.ministerosalute.it.
Ora, con il decreto in questione, i dati non arriverebbero più al ministero competente per materia, ma, e questo è un'altro degli aspetti controversi che ha creato qualche malumore all'interno del governo e al ministro Sirchia, al ministero dell'Economia e delle Finanze, lo stesso che dovrebbe occuparsi pure di evasione ed elusione fiscale, con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti. La motivazione ufficiale è che ciò consentirebbe un controllo della spesa più diretto. Una motivazione che non convince Federfarma la quale in un comunicato stampa afferma che così "si espropriano il ministero della salute e l'Agenzia del farmaco del loro ruolo, continuando a ridurre la salute ai soli aspetti economici, nel mentre si riducono i poteri delle Regioni, rendendo l'intero sistema farraginoso e meno efficiente di quello attuale".
Attenzione però, questo nuovo sistema non è solo sulla carta, ma è già operativo in via sperimentale in alcune regioni: ha fatto da apripista nel 2004 l'Abruzzo, ora è stato esteso a Umbria, Emilia Romagna, Veneto e Lazio interessando una popolazione di oltre 15 milioni di cittadini.
Federfarma aveva fatto ricorso al Tar del Lazio, chiedendo la sospensione del decreto, ma è stato respinto con un'ordinanza il 1° febbraio scorso.
Come funzionerebbe il nuovo sistema? In ogni farmacia dovrebbe essere installato un software con relative apparecchiature attraverso il quale mano a mano che il farmacista riceve una ricetta medica da un cliente invia i dati al ministero dell'economia, il quale dovrebbe verificare la congruità della prescrizione rispetto al farmaco concesso, una verifica che richiede competenze tecniche farmaceutiche, e liquidare a fine mese le spettanze al farmacista. Ed è questo giochino che costerà alle casse pubbliche 58 milioni di euro l'anno. Ora, considerate che ciascuna provincia, dato anche l'invecchiamento della popolazione, sforna centinaia di migliaia di ricette al mese. In alcune province si arriva e supera il mezzo milione di ricette, tanto che il sospetto avanzato da Federfarma "è che in modo improvvido si voglia rendere impossibile da parte delle farmacie la fornitura all'Agenzia del farmaco e ai giornalisti dei dati dettagliati mensili sull'andamento dei consumi e della spesa farmaceutica pubblica; infatti – continua Federfarma in una nota – se si andrà avanti sulla strada intrapresa, per molti mesi e probabilmente per anni il ministero dell'economia non sarà in grado di fornire dati affidabili e completi". Un sospetto non del tutto infondato. Vediamo perché.
La fornitura dei programmi informatici, delle apparecchiature e il servizio di controllo e verifica sarà fornito dalla Sogei alla quale il governo, senza alcuna gara, ha affidato l'appalto. Ma chi è la Sogei? É una società di informatica con sede a Roma, un fatturato dichiarato nel 2002 di 470 milioni di euro, 1.400 dipendenti, il cui capitale azionario dal 2002 è al 100% di proprietà del ministero dell'Economia e delle Finanze. Presidente di Sogei, dallo stesso anno, è Sandro Trevisanato, 57 anni, avvocato cassazionista di Venezia, personalità eclettica che colleziona presidenze di società e commissioni ministeriali: eletto nel '94 al Parlamento nel collegio uninominale di Venezia 2, dal 1994 al 1995 sottosegretario alle finanze, attualmente presiede una commissione dell'ufficio legislativo del ministero della Giustizia incaricata di elaborare un disegno di legge di revisione delle norme e gli istituti in materia fallimentare; non solo, ma è anche presidente di Venezia Terminal Passeggeri Spa che gestisce tutte le operazioni di sbarco ed imbarco nel porto di Venezia e relative attività connesse; per finire, ciliegina sulla torta, è presidente della commissione ministeriale per la riforma delle procedure concorsuali. Con tutti questi incarichi era inevitabile gli sfuggisse il fatto che una delle società che presiede abbia ottenuto un appalto dal governo senza concorso!
É evidente che il ministero sborserebbe 58 milioni di euro l'anno per far fare cassa ad una propria società e terrebbe in vita una struttura che qualche dubbio di efficacia ed efficienza lo fa venire e ricorda tanto le vecchie partecipazioni statali considerate da Berlusconi dei carrozzoni. Infatti, si legge nel sito Internet della società: "Sogei realizza dal 1976 soluzioni e piattaforme tecnologiche che consentono all'Amministrazione finanziaria italiana di fornire servizi di qualità ai contribuenti per l'adempimento degli obblighi fiscali, in un contesto di efficienza, trasparenza ed equità". Considerato che l'Italia da molti decenni è il paese europeo con il più alto tasso di evasione ed elusione fiscale, ogni altro commento è superfluo!
L'assessore alla sanità del Veneto (Regione amministrata dal centro-destra) Fabio Gava, in un convegno tenuto a Venezia a gennaio ha ricordato le perplessità delle Regioni sull'articolo 50. Anche l'ex assessore regionale Iles Braghetto (UDC) ha definito lo stesso articolo un progetto sbagliato sia nella filosofia sia nelle modalità attuative. Dello stesso tenore la posizione di Enrico Rossi, assessore alla sanità della Regione Toscana e consigliere di amministrazione dell'Agenzia italiana del farmaco (Aifa): "Questi sessanta milioni di euro l'anno – ha dichiarato – mettiamoli a disposizione del Fondo Sanitario nazionale, già così risicato, invece di destinarli in modo poco trasparente a una società per il monitoraggio che già l'Aifa, le Regioni e la rete delle farmacie sono in grado di fornire a costo zero". Sulla stessa lunghezza d'onda anche Stefano Inglese, responsabile del Tribunale per i diritti del malato Cittadinanzattiva.
L'altro risvolto del famigerato art. 50 è l'introduzione della tessera sanitaria telematica, eufemisticamente chiamata nel decreto "Tessera del cittadino", che conterrà tutti i nostri dati personali di pazienti i quali perverranno, insieme alla nostra ricetta medica, al ministero dell'economia. Su questo aspetto del decreto sono scese in campo sia le Associazioni dei consumatori sia il Garante della privacy.
Il Movimento Consumatori, a denuncia dei gravi problemi collegati alla violazione della privacy con il nuovo sistema, in un duro comunicato ha affermato che "George Orwell si era sbagliato di 20 anni. Il grande fratello arriverà nel 2005 e si chiama TS, Tessera Sanitaria". La legge di tutela dei dati personali, infatti, classifica come dati sensibili protetti proprio quelli relativi alla salute. E sempre il Movimento Consumatori sottolinea il fatto che "il sistema attuale che consente la verifica della spesa farmaceutica è già da tempo in grado di fornire tutte le informazioni relative alle prescrizioni, risalendo dal farmaco al medico prescrittore, salvaguardando la privacy del singolo cittadino". Un aspetto, questo della violazione dei dati personali, che non poteva sfuggire all'attenzione dell'Autorità Garante.
Un lancio dell'agenzia Reuters del 9 febbraio scorso ha reso noto che il presidente Stefano Rodotà ha rivelato, in una conferenza stampa, di aver segnalato al presidente del Consiglio "la sequenza degli svariati decreti attuativi del sistema di monitoraggio della spesa sanitaria e di introduzione della tessera sanitaria: per diversi provvedimenti adottati nel 2004, i ministeri dell'Economnia e delle Finanze e della Salute non hanno consultato il Garante". Il vice presidente Giuseppe Santaniello ha ricordato che "l'obbligo di consultare il Garante per atti normativi (attinenti alle materie regolamentate dal Codice della privacy) è un adempimento necessario, non facoltativo... la mancata osservanza comporta l'invalidità totale o parziale del testo". Rodotà ha poi spiegato che le norme approvate senza la necessaria consultazione del Garante, possono essere impugnate davanti al giudice amministrativo.
Le domande che restano sono: perché sostituire un sistema che funziona, facilmente implementabile a costo zero per la pubblica amministrazione, con un altro, costosissimo, di dubbia efficacia e dalle prevedibili conseguenze negative per l'efficienza del servizio farmaceutico? Chi ci guadagna? Forse le industrie farmaceutiche per via di una spesa i cui dati sarebbe difficile conoscere con precisione? O chi altro? E perché Sogei riceve un appalto così consistente senza una gara quando un Comune per asfaltare una strada è costretto ad indire una gara d'appalto, pena pesanti sanzioni e l'invalidità dell'appalto stesso, mentre al governo sarebbe consentito violare quelle norme?

Giuseppe Fornaro

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