"Quando si comincia con un aggettivo, si sa dove si comincia ma non si sa dove si finisce". È il commento efficace di Paolo Mieli alla legge sulle intercettazioni telefoniche licenziata oggi dalla commissione giustizia del Senato. Secondo la legge, infatti, per procedere all'ascolto delle telefonate occorrono "gravi indizi di colpevolezza". "Chi stabilisce cosa è grave e cosa no?", si è chiesto Mieli. Una domanda che mette in luce i gravissimi margini di discrezionalità che la legge concede a funzionari di polizia e magistrati più o meno zelanti. Occorrerà ora un regolamento attuativo che stabilisca criteri oggettivi di gravità? Che stabilisca una sorta di interpretazione autentica del legislatore su cosa è grave e cosa no? E su quali basi saranno stabiliti? Il rischio evidente a chiunque è che tutto può essere considerato grave così come nulla può esserlo. Dipenderà dal magistrato che autorizzerà le intercettazioni? È evidente che ciò che può essere considerato grave alla procura di Palermo, potrebbe non esserlo a quella di Roma e viceversa. La gravità degli indizi da cosa sarà stabilita? Dalla rilevanza o meno dell'ipotesi di reato su cui si indaga, e quindi dal ragionevole dubbio del magistrato che siano in atto comportamenti criminosi? I comportamenti dei soggetti coinvolti nella cosiddetta "cricca" prima di arrivare alla formalizzazione delle ipotesi d'accusa potevano configurare "gravi indizi di colpevolezza"? Oppure occorrono plateali comportamenti criminosi perché vi siano "gravi indizi"? Perché se così fosse i reati dei colletti bianchi (la "cricca", appunto) sfuggirebbero a questo tipo di accertamento consumandosi sul filo della legalità, si pensi ai reati finanziari, ad esempio. E ancora: la soffiata di un confidente o le rivelazioni di un pentito o di un collaboratore di giustizia potranno essere considerati sufficienti per configurare "gravi indizi di colpevolezza" a carico di terzi? Sulla base di tutte queste considerazioni è dunque lampante che quell'aggettivo è del tutto inutile. Sarebbe stato più che sufficiente scrivere che per autorizzare le intercettazioni occorrono "indizi di colpevolezza", ma allora non ci sarebbe stato bisogno di questa nuova legge. A questo punto il sospetto concreto e più che fondato è che quell'aggettivo sia stato piazzato lì come una bomba ad orologeria pronta ad esplodere alla prima applicazione della legge per renderla di fatto inattuabile e quindi inattuabili le intercettazioni tout court. Insomma, una furbata. L'ennesima di questo governo autoritario.
A trentacinque anni di distanza credo valga la pena rileggere questo intervento che Pasolini tenne alla festa de l'Unità di Milano nel 1974 e pubblicato all'epoca da Rinascita . È di un'attualità impressionante. Si parla di genocidio dei valori, di crisi economica, di incapacità a distinguere "sviluppo" da "progresso" (quanto di più attuale quando tutti, anche a sinistra, ormai parlano solo di sviluppo e trascurano il progresso, tranne che nel dirsi progressisti a parole), del ritorno sinistro di valori propri della destra nazista. Pier Paolo Pasolini, Scritti corsari, Garzanti 1981, pag. 277. Vorrete scusare qualche mia imprecisione o incertezza terminologica. La materia – si è premesso – non è letteraria, e disgrazia o fortuna vuole che io sia un letterato, e che perciò non possegga soprattutto linguisticamente i termini per trattarla. E ancora una premessa: ciò che dirò non è frutto di un'esperienza politica nel senso specifico, e per così di
Commenti
Posta un commento