Il documento protocollato in Comune con la firma di 330 persone contro il Centro di Cultura Islamico che dovrebbe sorgere in via Traversagno a Ferrara è una vergogna. Mi limiterò a farne un’analisi linguistica.
Dicono i firmatari di essere “molto allarmati perché la zona è già notevolmente degradata da impianti come turbogas e inceneritore e dalla presenza della cosiddetta ‘bomba ecologica’ della discarica di pneumatici di via Ca’ Rosa”. Ergo, non vogliamo altri rifiuti, rifiuti umani, monnezza, inquinamento, feccia della società e del mondo occidentale. E proprio come la monnezza, come si sa, nessuno la vuole nel cortile di casa propria, che si faccia, ma altrove, tanto che i firmatari la petizione chiedono “la collocazione della struttura in un’altra zona della città”. Magari avrebbero voluto la stessa cosa per l’inceneritore. Non si dicono contrari alla realizzazione del Centro per motivi culturali (come non lo erano all’inceneritore per motivi ambientali), né in via Traversagno né altrove, no, non lo vogliono lì perché porterebbe “degrado”, quando invece potrebbe essere un’occasione di incontro tra culture e l’unico vero motivo per uscire dal vero degrado attuale di quella zona. Avessero detto: “Non lo vogliamo perché riteniamo che nei paesi arabi non vi è reciprocità e rispetto per l’espressione della fede che non sia quella islamica”, si sarebbe potuto aprire un dibattito culturale di alto livello. Ma qui, evidentemente, siamo alla manifestazione di un pensiero che definire rozzo è un eufemismo, degradante della dignità umana e lesivo di una sfera intima delle persone qual è l’espressione della propria fede religiosa che viene paragonata a rifiuto. Persino un anonimo consigliere di circoscrizione, come se la cosa fosse motivo di vanto, non ha timore a definire la petizione “un corollario dell’interpellanza” depositata dai capigruppo del Pdl e della Lega in Consiglio comunale. Non solo, ma per farsi grosso dichiara: “sono stato contattato per fare da tramite tra l’istanza sorta spontanea e la sponda istituzionale” rappresentata, appunto, dall’interpellanza di cui sopra.
Ecco, questo è il livello di certa politica in questa città: “la sponda istituzionale” che si presta a fare da cassa di risonanza al più biego razzismo. E non c’è sdoganamento che tenga.
Insomma, allo stereotipo dell’Islam integralista si contrappone un integralismo vero e reale che si fa fatica a definire su cosa sia fondato. Sull’ignoranza? Sulla paura? Sulla non conoscenza dell’altro? Se così è allora quale migliore occasione di un Centro Islamico aperto e alla luce del sole, luogo di incontro e confronto? Anziché dire di no, i firmatari la petizione e la loro “sponda istituzionale” avrebbero potuto chiedere all’Amministrazione comunale di farsi garante e promotrice di un accordo con la comunità islamica in base al quale si stabiliscono delle regole per cui una volta al mese, per fare un esempio, al Centro si tengono conferenze e dibattiti aperti alla cittadinanza, oppure, secondo un principio che si potrebbe definire di sussidiarietà comunitaria, mettere a disposizione una sala per le iniziative del quartiere. E’ così che si può dimostrare nei fatti la nostra diversità culturale di occidentali che si è forgiata nel sangue della rivoluzione francese per fondarsi poi sul rispetto della persona, un passaggio storico che molti paesi, a differenza di quelli europei, non solo non hanno conosciuto, ma sono stati refrattari persino agli influssi culturali.
Dicono i firmatari di essere “molto allarmati perché la zona è già notevolmente degradata da impianti come turbogas e inceneritore e dalla presenza della cosiddetta ‘bomba ecologica’ della discarica di pneumatici di via Ca’ Rosa”. Ergo, non vogliamo altri rifiuti, rifiuti umani, monnezza, inquinamento, feccia della società e del mondo occidentale. E proprio come la monnezza, come si sa, nessuno la vuole nel cortile di casa propria, che si faccia, ma altrove, tanto che i firmatari la petizione chiedono “la collocazione della struttura in un’altra zona della città”. Magari avrebbero voluto la stessa cosa per l’inceneritore. Non si dicono contrari alla realizzazione del Centro per motivi culturali (come non lo erano all’inceneritore per motivi ambientali), né in via Traversagno né altrove, no, non lo vogliono lì perché porterebbe “degrado”, quando invece potrebbe essere un’occasione di incontro tra culture e l’unico vero motivo per uscire dal vero degrado attuale di quella zona. Avessero detto: “Non lo vogliamo perché riteniamo che nei paesi arabi non vi è reciprocità e rispetto per l’espressione della fede che non sia quella islamica”, si sarebbe potuto aprire un dibattito culturale di alto livello. Ma qui, evidentemente, siamo alla manifestazione di un pensiero che definire rozzo è un eufemismo, degradante della dignità umana e lesivo di una sfera intima delle persone qual è l’espressione della propria fede religiosa che viene paragonata a rifiuto. Persino un anonimo consigliere di circoscrizione, come se la cosa fosse motivo di vanto, non ha timore a definire la petizione “un corollario dell’interpellanza” depositata dai capigruppo del Pdl e della Lega in Consiglio comunale. Non solo, ma per farsi grosso dichiara: “sono stato contattato per fare da tramite tra l’istanza sorta spontanea e la sponda istituzionale” rappresentata, appunto, dall’interpellanza di cui sopra.
Ecco, questo è il livello di certa politica in questa città: “la sponda istituzionale” che si presta a fare da cassa di risonanza al più biego razzismo. E non c’è sdoganamento che tenga.
Insomma, allo stereotipo dell’Islam integralista si contrappone un integralismo vero e reale che si fa fatica a definire su cosa sia fondato. Sull’ignoranza? Sulla paura? Sulla non conoscenza dell’altro? Se così è allora quale migliore occasione di un Centro Islamico aperto e alla luce del sole, luogo di incontro e confronto? Anziché dire di no, i firmatari la petizione e la loro “sponda istituzionale” avrebbero potuto chiedere all’Amministrazione comunale di farsi garante e promotrice di un accordo con la comunità islamica in base al quale si stabiliscono delle regole per cui una volta al mese, per fare un esempio, al Centro si tengono conferenze e dibattiti aperti alla cittadinanza, oppure, secondo un principio che si potrebbe definire di sussidiarietà comunitaria, mettere a disposizione una sala per le iniziative del quartiere. E’ così che si può dimostrare nei fatti la nostra diversità culturale di occidentali che si è forgiata nel sangue della rivoluzione francese per fondarsi poi sul rispetto della persona, un passaggio storico che molti paesi, a differenza di quelli europei, non solo non hanno conosciuto, ma sono stati refrattari persino agli influssi culturali.
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