Passa ai contenuti principali

Dragotto e Barbieri: due sconfitti per un ballottaggio

Due cose emergono con chiarezza dal ballotaggio tra Tagliani e Dragotto: la prima, è che il centro destra ferrarese non rappresenta la voglia di cambiamento dell’elettorato; la seconda, è che l’altro sconfitto di questa tornata è Giulio Barbieri. E non sarebbe la prima volta nemmeno per lui. Cercherò di spiegare perché.
Tagliani ha vinto riconfermando i voti del primo turno, anzi aggiungendone 1810 di dote personale (98 in più rispetto alla dote personale portata il 7 giugno) alla somma dei voti delle liste che lo sostenevano nella prima tornata e che sono rimaste tali anche nella seconda, cioè senza apparentamenti. Infatti, la somma dei voti di lista della coalizione di centro sinistra era di 37.542 voti, mentre Tagliani al ballottaggio ne ha presi 39.352. Per Dragotto il ballottaggio ha portato 29.896 voti, mentre la somma dei voti delle liste che si sono apparentate per il secondo turno, era di 28.217 voti (+1.679 per il candidato del centro destra).
Ora, le ipotesi che si possono fare, abbastanza vicine al vero, stando ai numeri sono di diverso ordine. Innanzitutto, Tagliani sembra non aver beneficiato dell’accordo (non un apparentamento formale) con Prc-Pdci, che altrimenti avrebbe portato un pacchetto di ulteriori 3.163 voti, ben superiore, come abbiamo detto, alla dote personale di voti del neo sindaco. Allo stesso modo Dragotto non ha beneficiato, se non in piccolissima parte, dell’indicazione di voto data da Barbieri ai suoi elettori che erano stati al primo turno, come voti di lista, 7.432. Infatti, la percentuale di incremento dell’astensione al secondo turno complessivamente corrisponde grosso modo alla somma delle percentuali di Rifondazione, Ppf, Io amo Ferrara.
Stando così le cose, Barbieri sarebbe l’altro vero sconfitto di questa seconda tornata elettorale, in quanto la quasi totalità dei suoi elettori ha rifiutato le sue indicazioni di voto preferendo andare al mare nonostante il tempo incerto. Forse proprio a loro si riferiva quando, con poco tatto diplomatico, ha dichiarato che si meriterebbero il Burundi. Infatti, ai 1.679 voti in più presi dal candidato del centro destra rispetto alla somma dei voti delle liste apparentate al Pdl, e togliendo i 683 voti di dote personale del primo turno rispetto alla lista, in questa seconda tornata l’appeal personale di Dragotto è cresciuto di poco meno di 1000 preferenze, nonostante l’appello esplicito di Barbieri a votare per il candidato di centro destra. Considerando che Tavolazzi, correttamente rispetto alla natura di una lista civica da lui rappresentata, aveva lasciato libertà di voto ai propri sostenitori, è evidente quanto scarsa sia la presa di Dragotto sull’elettorato di opinione, cioè quello che in genere sceglie le liste civiche. Questo è un segnale anche per i promotori delle stesse liste civiche, perché la voglia di cambiamento a più riprese espressa sia da Tavolazzi sia da Barbieri, per i loro elettori non si identifica con il centro destra. O i civici sono in grado di produrre cambiamento con le loro sole forze oppure gli elettori si astengono. Detto in altri termini, il centro destra non rappresenta il bisogno di cambiamento nei confronti del potere sessantennale della sinistra. Gli elettori hanno così dimostrato una maturità politica di molto superiore a quella dei leaders di alcune liste civiche, rifiutandosi di fare come quel marito che per fare un dispetto alla moglie preferisce tagliarsi gli attributi. Piuttosto si astengono, come abbiamo visto dall’analisi dei numeri. Anche perché il programma di Dragotto, pur essendo general generico e cercando di tenere insieme punti tra loro inconciliabili (per fare un esempio, più mobilità per le auto ma anche più mezzi pubblici, come se lo spazio fisico della città non fosse a somma zero, ma espandibile all’infinito) non ha incantato gli elettori.
Si spera che Tagliani sappia far tesoro di questa indicazione di voto e si ponga, come ha promesso, in una posizione di ascolto vero della città cercando di ricostruire un rapporto fiduciario tra i cittadini e le istituzioni che negli ultimi anni, per scelte quanto meno discutibili, si è sfilacciato.
Giuseppe Fornaro

Commenti

Post popolari in questo blog

Il genocidio

A trentacinque anni di distanza credo valga la pena rileggere questo intervento che Pasolini tenne alla festa de l'Unità di Milano nel 1974 e pubblicato all'epoca da Rinascita . È di un'attualità impressionante. Si parla di genocidio dei valori, di crisi economica, di incapacità a distinguere "sviluppo" da "progresso" (quanto di più attuale quando tutti, anche a sinistra, ormai parlano solo di sviluppo e trascurano il progresso, tranne che nel dirsi progressisti a parole), del ritorno sinistro di valori propri della destra nazista.   Pier Paolo Pasolini, Scritti corsari, Garzanti 1981, pag. 277.   Vorrete scusare qualche mia imprecisione o incertezza terminologica. La materia – si è premesso – non è letteraria, e disgrazia o fortuna vuole che io sia un letterato, e che perciò non possegga soprattutto linguisticamente i termini per trattarla. E ancora una premessa: ciò che dirò non è frutto di un'esperienza politica nel senso specifico, e per così di

Ode all'ape

Ode all'ape Moltitudine di api! Entra ed esce dal carminio, dall'azzurro, dal giallo, dalla più tenera morbidezza del mondo: entra in una corolla precipitosamente, per affari, esce con un vestito d'oro e gli stivali gialli. perfetta dalla cintura, con l'addome rigato da sbarre scure, la testolina sempre pensierosa e le ali bagnate: entra in tutte le finestre odorose, apre le porte della seta, penetra nei talami dell'amore più fragrante, inciampa in una goccia di rugiada come in un diamante e da tutte le case che visita estrae il miele misterioso, ricco e pesante miele, spesso aroma, liquida luce che cade a goccioloni, finché al suo palazzo collettivo ritorna e nelle gotiche merlature deposita il prodotto del fiore e del volo, il sole nuziale serafico e segreto! Moltitudine d'api! Elevazione sacra dell'unità, collegio palpitante! Ronzano sonori numeri che lavorano il nettare, passano veloc

Israele-Palestina: un solo Stato per due popoli

Nel 2023 ha ancora senso pensare in termini di stati su base etnico-religiosa? Ha senso incaponirsi su uno stato per gli ebrei e uno per i palestinesi? Non ci si rende conto che sono proprio gli stati e i confini che creano le guerre? Non avrebbe più senso che ebrei e palestinesi vivessero insieme in pace come fratelli sulla stessa terra dei padri in un unico stato? Sono un sognatore? Forse! Ma sono in compagnia di chi diceva I have a dream. E la sinistra  invece di fare manifestazioni pro stato palestinese dovrebbe avere un orizzonte più ampio perché a questo servono le utopie: ad avere uno sguardo lungo che permetta di costruire un cammino. Senza cadere nella trappola  degli  opposti estremismi che si sostengono a vicenda. Hamas ha bisogno di Netanyahu e Netanyahu ha bisogno di Hamas. In mezzo, come ostaggi, i due popoli. Occorre sottrarsi a questo schema, che non vuol dire essere neutrali, ma sottrarsi alle tifoserie degli opposti estremismi. Rivendicare uno stato per gli ebrei e un