Pubblicato da ferraraitalia.it il 25/06/2018
Quando la lotta politica giunge
nelle aule dei tribunali vuol dire che la politica ha fallito. Che la sua
capacità di rappresentanza e di mobilitazione è praticamente inesistente. È un
po’ la cartina di tornasole della sua presa sulla società. Mi riferisco alla
denuncia che Roberto Speranza, segretario di Leu, ha presentato in procura
contro Salvini per istigazione all’odio razziale. Sembrerebbe una barzelletta,
ma non lo è, dopo che in tutti questi anni col Pd al governo nazionale e in
molte città venivano autorizzate manifestazioni in cui si sprecavano i simboli
fascisti e l’apologia del fascismo senza che i vari Speranza battessero ciglio.
Del resto il risultato elettorale di Leu è la prova del nove dell’incapacità a
rappresentare un’area sociale ancora vasta, a volerla vedere. A meno che non si
voglia sostenere la tesi dominante neoliberista che le classi non esistono più,
tanto meno la classe operaia, e che la lotta di classe è finita. Se questa tesi
è vera, allora il risultato elettorale di Leu è perfettamente in linea con
questo nuovo assetto della società in cui non ci sarebbe bisogno di alcuna
rappresentanza politica delle classi meno abbienti. Il fatto è che le classi
esistono ancora, la classe operaia e dei lavoratori in generale pure e la lotta
di classe è viva e vegeta, solo che a vincerla in questo momento storico è il
capitale. Di conseguenza a Speranza non gli resta che il ricorso in procura
contro Salvini.
Il fatto è che a far vincere le
destre e il capitale una grossa mano gliel’ha data proprio la sinistra. L’anno
di svolta è il 2012 quando il parlamento vota a larghissima maggioranza, anche
con il voto del Pd e di tutti quelli che poi usciranno dal partito (i vari
Bersani e compagnia), l’improvvida legge Costituzionale sull'obbligo del
pareggio di bilancio, legge che è alla base della macelleria sociale di questi
ultimi anni per via dei tagli ai servizi e alla spesa sociale che si porta
dietro. Ma eravamo sotto minaccia delle banche che ci prestavano i soldi. Quella
legge fu votata con una pistola puntata alla tempia del parlamento senza che i
cittadini, dai quali il parlamento aveva ricevuto il mandato non certo per
votare quella legge, ne fossero adeguatamente informati. Per far passare quella
legge sotto silenzio non fu dichiarata nemmeno un’ora di sciopero generale da
parte dei sindacati, quando ci sarebbe stato da rivoltare il paese. Del resto
se l’ex segretario della Cgil, Guglielmo Epifani divenuto poi deputato del Pd nel
2013, vota in parlamento il jobs act di Renzi (suo acerrimo avversario per il
quale lascerà poi il partito) non c’è nulla di cui meravigliarsi. E allora è
inutile indignarsi quando si dice che “sono tutti uguali”. Non si intende solo che
tutti rubano, ma che tutti fanno una politica di destra ai danni dei più
deboli. E allora poi la gente preferisce votare l’originale, la destra vera,
quella contro cui poi si fanno gli esposti in procura, quella che inneggia alla
sicurezza. Ora succede che, con una gran faccia tosta, quella stessa sinistra
raccoglie le firme contro quella legge Costituzionale da lei stessa votata, che
fa il paio con gli esposti in procura. Insomma, al danno pure la beffa!
Sul tema della sicurezza nell’era
globale Zygmunt Bauman, uno dei più grandi sociologi contemporanei, ha scritto
numerosi volumi di analisi. In sostanza la sua tesi è che demolite tutte le
reti di protezione dello stato sociale, demolita la certezza da parte delle
giovani generazioni che presto, con un po’ di sacrificio, avrebbero trovato un
lavoro dignitoso che consentisse loro di progettare un futuro, demolito il
sostegno del welfare a favore dei più deboli perché l’obbligo del pareggio di
bilancio non ce lo consente, demolita la certezza dei cinquantenni che alla
loro età non avrebbero potuto perdere il lavoro, i cittadini dell’era
contemporanea vivono in un perenne stato di incertezza esistenziale. Questa
incertezza, come la storia ha già ampiamente dimostrato, individua facilmente il
suo nemico in coloro che vengono a mettere in discussione quelle poche certezze
che ci siamo conquistate bussando alla nostra porta. E allora diventa facile
invocare leggi sicuritarie, schedature, espulsioni, porti chiusi da parte di un
popolo a cui è stato dato da mangiare pane e incertezza, più la seconda del
primo. In questa condizione sociale chi promette sicurezza all’incolumità
personale anche con l’uso della forza ha gioco facile. E Salvini, che è un
animale politico di prim’ordine, lo ha capito e su questo ci marcia. Non a caso
i sondaggi lo danno in ascesa. Chi non lo ha capito, o non vuole ammetterlo
perché sa di avere la coscienza sporca, è la sinistra.
Scrive Bauman, nel suo “La
solitudine del cittadino globale”, Feltrinelli: “La vera novità non è la
necessità di agire in condizioni di incertezza parziale o anche totale, ma la
sollecitazione costante ad abbattere le difese costruite con tanta cura, ad
abolire le istituzioni destinate a limitare il grado di incertezza e a impedire
o neutralizzare lo sforzo di elaborare nuove soluzioni comuni tese a consentire
il controllo dell’incertezza. Invece di serrare i ranghi nella guerra contro
l’incertezza, praticamente tutte le istituzioni preposte all’azione collettiva
si uniscono al coro neoliberale che intona l’elogio delle libere ‘forze di
mercato’ e del libero scambio, cause prime dell’incertezza esistenziale, cioè
dell’incertezza come ‘condizione naturale dell’uomo’; e insieme fanno passare
il messaggio che lasciare liberi il capitale e la finanza, rinunciando a tutti
i tentativi di rallentare o regolarne i movimenti, non è una scelta politica
tra tante, ma un verdetto della ragione e una necessità politica”.
Se la sinistra vuole riprendersi
un ruolo è da qui che deve partire: liberarsi dell’idea fatta propria che il
capitale e la finanza lasciati liberi sono espressione del migliore dei mondi
possibili in quanto esito razionale e compiere, invece, una scelta politica di
segno diverso. Perché, come dice Bauman, di scelta si tratta. Essenzialmente di
scegliere da che parte stare.
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