Passa ai contenuti principali

All'Alba di una domenica

“Quello che era certo era che fosse morto di botte all’alba di una domenica di fine settembre, quando ancora l’estate e l’autunno si contendevano quello che sarebbe stato del giorno. Aveva diciotto anni. Studente, incensurato, senza grilli per la testa. Insomma, un ragazzo come tanti, con una famiglia come tante. I genitori erano una coppia di impiegati. Era una famiglia tranquilla”.


Comincia così “All’alba di una domenica”, edito da Albatros, il romanzo d’esordio di Giuseppe Fornaro, ispirato alla tragica morte di Federico Aldovrandi, 18 anni, avvenuta a Ferrara il 25 settembre 2005 a seguito delle percosse ricevute da quattro agenti di polizia in servizio sulle volanti.

L’attacco del libro non è casuale proprio perché le modalità della morte di Aldrovandi da cui muove il racconto, oltre ad essere sconcertanti, per certi versi non sono ancora oggi del tutto chiare, non nel concatenarsi degli eventi e delle responsabilità per cui la sentenza di primo grado ha condannato quattro agenti a tre anni e sei mesi per eccesso colposo di reazione in omicidio colposo, ma sul perché un ragazzo disarmato di soli 18 anni che non costituiva una minaccia per sé e per gli altri sia morto a seguito di un controllo di polizia. Negligenza nell’adottare le procedure di contenimento di un soggetto agitato? Scarsa professionalità? Incapacità di controllo emotivo da parte del personale in servizio sulle volanti? C’è tutto questo insieme, ma ci sono anche i depistaggi che hanno portato ad un processo parallelo in cui altri tre agenti sono stati condannati in primo grado a vario titolo per omissioni e favoreggiamenti. Ed è proprio per via di questa zona grigia sulla morte di Federico che il romanzo ha potuto alimentarsi per imbastire una storia d’invenzione i cui protagonisti principali sono un giornalista free lance meridionale, Salvatore Quaranta; Ottavio Fragalà, vice questore e amico di studi di Quaranta, tornato a Ferrara, dove aveva studiato, dopo aver prestato servizio nell’antimafia del dopo Falcone e Borsellino; Alessandro Pavani, alias Federico Aldrovandi; e poi il capo della squadra mobile Rosaspina; l’agente Gamma, uno dei tanti uomini dei servizi sotto copertura sguinzagliati dopo i fatti del G8 di Genova per snidare eventuali mele marce nelle forze dell’ordine; Francesco Morra, titolare di un’agenzia di bodyguard che gli serve come copertura, ex poliziotto cacciato dal servizio per le sue intemperanze e ora capo di una banda di trafficanti di armi e droga. E poi altri personaggi che compaiono di volta in volta man mano che il racconto si snoda fino all’epilogo.

Il romanzo, avendo tra i protagonisti principali proprio dei poliziotti, rende omaggio alla parte sana e maggioritaria delle forze dell’ordine e del mondo dell’informazione e affronta anche il tema scottante e attuale del male di vivere di chi conosce la precarietà del lavoro e di come questo incida sullo stato di salute psichica delle persone fino a portarle alla depressione, vera e propria malattia sociale di cui poco si parla. Dentro c’è anche l’amore, la politica, i servizi deviati, i misteri d’Italia tra cui il caso dell’omicidio del boss della mafia Salvatore Giuliano riesploso proprio recentemente dopo oltre sessant’anni.

A fare da sfondo al racconto è un’altra protagonista: la città, con le sue vie i suoi locali, i suoi bar più o meno noti, ma comunque luoghi familiari ai ferraresi.

In libreria.

Commenti

Post popolari in questo blog

Il genocidio

A trentacinque anni di distanza credo valga la pena rileggere questo intervento che Pasolini tenne alla festa de l'Unità di Milano nel 1974 e pubblicato all'epoca da Rinascita . È di un'attualità impressionante. Si parla di genocidio dei valori, di crisi economica, di incapacità a distinguere "sviluppo" da "progresso" (quanto di più attuale quando tutti, anche a sinistra, ormai parlano solo di sviluppo e trascurano il progresso, tranne che nel dirsi progressisti a parole), del ritorno sinistro di valori propri della destra nazista.   Pier Paolo Pasolini, Scritti corsari, Garzanti 1981, pag. 277.   Vorrete scusare qualche mia imprecisione o incertezza terminologica. La materia – si è premesso – non è letteraria, e disgrazia o fortuna vuole che io sia un letterato, e che perciò non possegga soprattutto linguisticamente i termini per trattarla. E ancora una premessa: ciò che dirò non è frutto di un'esperienza politica nel senso specifico, e per così di

Ode all'ape

Ode all'ape Moltitudine di api! Entra ed esce dal carminio, dall'azzurro, dal giallo, dalla più tenera morbidezza del mondo: entra in una corolla precipitosamente, per affari, esce con un vestito d'oro e gli stivali gialli. perfetta dalla cintura, con l'addome rigato da sbarre scure, la testolina sempre pensierosa e le ali bagnate: entra in tutte le finestre odorose, apre le porte della seta, penetra nei talami dell'amore più fragrante, inciampa in una goccia di rugiada come in un diamante e da tutte le case che visita estrae il miele misterioso, ricco e pesante miele, spesso aroma, liquida luce che cade a goccioloni, finché al suo palazzo collettivo ritorna e nelle gotiche merlature deposita il prodotto del fiore e del volo, il sole nuziale serafico e segreto! Moltitudine d'api! Elevazione sacra dell'unità, collegio palpitante! Ronzano sonori numeri che lavorano il nettare, passano veloc

Israele-Palestina: un solo Stato per due popoli

Nel 2023 ha ancora senso pensare in termini di stati su base etnico-religiosa? Ha senso incaponirsi su uno stato per gli ebrei e uno per i palestinesi? Non ci si rende conto che sono proprio gli stati e i confini che creano le guerre? Non avrebbe più senso che ebrei e palestinesi vivessero insieme in pace come fratelli sulla stessa terra dei padri in un unico stato? Sono un sognatore? Forse! Ma sono in compagnia di chi diceva I have a dream. E la sinistra  invece di fare manifestazioni pro stato palestinese dovrebbe avere un orizzonte più ampio perché a questo servono le utopie: ad avere uno sguardo lungo che permetta di costruire un cammino. Senza cadere nella trappola  degli  opposti estremismi che si sostengono a vicenda. Hamas ha bisogno di Netanyahu e Netanyahu ha bisogno di Hamas. In mezzo, come ostaggi, i due popoli. Occorre sottrarsi a questo schema, che non vuol dire essere neutrali, ma sottrarsi alle tifoserie degli opposti estremismi. Rivendicare uno stato per gli ebrei e un