Premetto che non sono un virologo né un infettivologo, ho una laurea in sociologia e una specializzazioni in relazioni industriali e del lavoro. Dunque, non sono un esperto di virus né di contagi. Ma ho capito alcune cose sul coronavirus che sono un po' il sunto delle informazioni captate qua e là tra le cose dette dagli esperti.
La prima cosa è questa. Ad uno sguardo profano sembrerebbe che questo virus abbia una propria intelligenza, ma è evidente che non è così. Non ha intelligenza. Lui, come tutti gli esseri viventi su questo pianeta, ma potrei dire nell'universo, risponde alle stesse leggi della vita. Lui, come tutti gli esseri viventi, comprese le piante, punta, e questo è il secondo punto, a riprodurre i suoi geni, a tramandarli nel tempo, a sopravvivere a se stesso come entità individuale. Per riprodursi non lo fa come avviene nel regno animale (compresi noi) o in quello vegetale attraverso l'impollinazione. Lui, e questo è il terzo punto, usa noi come veicolo per la sua riproduzione. Cito da Wikipedia: "Un virus (dal latino vīrus, -i, "veleno") è un microrganismo acellulare con caratteristiche di parassita obbligato, in quanto si replica esclusivamente all'interno delle cellule di altri organismi. I virus possono infettare tutti i tipi di forme di vita, dagli animali, alle piante, ai microrganismi (compresi batteri e archeobatteri) e anche altri virus". La chiave sta qui: "parassita obbligato". E' obbligato ad usare chiunque per la propria sopravvivenza e per rispondere alle leggi universali della vita che riguardano anche lui. E' così da quando sono comparse le prime forme di vita su questo pianeta. Anzi, sembra che proprio un virus, per queste sue caratteristiche, sia il progenitore di tutte le forme di vita sulla terra. Forma di vita che ci hanno messo miliardi di anni per assumere le nostre sembianze.
Ora succede che questo virus, partito magari da un villaggio sperduto della Cina dove la promiscuità tra uomini e animali è più consueta, sia arrivato fino a noi grazie alla globalizzazione: merci e persone che viaggiano da un capo all'altro del pianeta quasi in tempo reale (rispetto ai tempi delle antiche esplorazioni del pianeta). Lui non può saperlo, ma in questo mondo moderno ha fatto bingo. La gente si muove e si sposta in continuazione, tanto più nelle aree in cui gli scambi di persone e cose sono più frequenti. Ed è per questo che c'è una correlazione (e qui la laurea in sociologia mi viene in aiuto) tra Pil e diffusione del virus. Come ho già scritto, il virus è partito dalla Cina che aveva una previsione di crescita del Pil per il 2020 del 6%, arriva da noi e non colpisce la Basilicata (per fortuna per loro e solo per fare un esempio), ma colpisce proprio in primo luogo le tre regioni con tassi di crescita a livelli europei che trainano l'economia italiana: Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna dove gli scambi di persone e cose sono più frequenti. Dati Istat aggiornati al 2018 ci dicono che il Pil del nord ha avuto una media di crescita del 1,5-1,6% contro lo 0,3% del sud. La correlazione, dunque, salta subito agli occhi. I casi di contagio del sud sono in gran parte dovuti al ritorno degli emigranti dal nord. A corroborare questa ipotesi c'è l'esempio della provincia di Ferrara, al momento per fortuna la meno colpita dal contagio, che ha il tasso di disoccupazione più alto in regione. E' una provincia marginale, dal punto di vista economico, rispetto alla via Emilia e confina con un'altra provincia marginale del Veneto quel è Rovigo. Entrambe le province, ognuna nelle rispettive regioni al top dei contagi, sono le meno colpite. Ci sono molti elementi, quindi, che fanno supporre che il dinamismo economico ha una stretta relazione con la diffusione del contagio.
La prima cosa è questa. Ad uno sguardo profano sembrerebbe che questo virus abbia una propria intelligenza, ma è evidente che non è così. Non ha intelligenza. Lui, come tutti gli esseri viventi su questo pianeta, ma potrei dire nell'universo, risponde alle stesse leggi della vita. Lui, come tutti gli esseri viventi, comprese le piante, punta, e questo è il secondo punto, a riprodurre i suoi geni, a tramandarli nel tempo, a sopravvivere a se stesso come entità individuale. Per riprodursi non lo fa come avviene nel regno animale (compresi noi) o in quello vegetale attraverso l'impollinazione. Lui, e questo è il terzo punto, usa noi come veicolo per la sua riproduzione. Cito da Wikipedia: "Un virus (dal latino vīrus, -i, "veleno") è un microrganismo acellulare con caratteristiche di parassita obbligato, in quanto si replica esclusivamente all'interno delle cellule di altri organismi. I virus possono infettare tutti i tipi di forme di vita, dagli animali, alle piante, ai microrganismi (compresi batteri e archeobatteri) e anche altri virus". La chiave sta qui: "parassita obbligato". E' obbligato ad usare chiunque per la propria sopravvivenza e per rispondere alle leggi universali della vita che riguardano anche lui. E' così da quando sono comparse le prime forme di vita su questo pianeta. Anzi, sembra che proprio un virus, per queste sue caratteristiche, sia il progenitore di tutte le forme di vita sulla terra. Forma di vita che ci hanno messo miliardi di anni per assumere le nostre sembianze.
Ora succede che questo virus, partito magari da un villaggio sperduto della Cina dove la promiscuità tra uomini e animali è più consueta, sia arrivato fino a noi grazie alla globalizzazione: merci e persone che viaggiano da un capo all'altro del pianeta quasi in tempo reale (rispetto ai tempi delle antiche esplorazioni del pianeta). Lui non può saperlo, ma in questo mondo moderno ha fatto bingo. La gente si muove e si sposta in continuazione, tanto più nelle aree in cui gli scambi di persone e cose sono più frequenti. Ed è per questo che c'è una correlazione (e qui la laurea in sociologia mi viene in aiuto) tra Pil e diffusione del virus. Come ho già scritto, il virus è partito dalla Cina che aveva una previsione di crescita del Pil per il 2020 del 6%, arriva da noi e non colpisce la Basilicata (per fortuna per loro e solo per fare un esempio), ma colpisce proprio in primo luogo le tre regioni con tassi di crescita a livelli europei che trainano l'economia italiana: Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna dove gli scambi di persone e cose sono più frequenti. Dati Istat aggiornati al 2018 ci dicono che il Pil del nord ha avuto una media di crescita del 1,5-1,6% contro lo 0,3% del sud. La correlazione, dunque, salta subito agli occhi. I casi di contagio del sud sono in gran parte dovuti al ritorno degli emigranti dal nord. A corroborare questa ipotesi c'è l'esempio della provincia di Ferrara, al momento per fortuna la meno colpita dal contagio, che ha il tasso di disoccupazione più alto in regione. E' una provincia marginale, dal punto di vista economico, rispetto alla via Emilia e confina con un'altra provincia marginale del Veneto quel è Rovigo. Entrambe le province, ognuna nelle rispettive regioni al top dei contagi, sono le meno colpite. Ci sono molti elementi, quindi, che fanno supporre che il dinamismo economico ha una stretta relazione con la diffusione del contagio.
Qualcuno invoca la chiusura di tutte le attività produttive, o quasi tutte. Mi chiedo se ciò sia fattibile. Il Pil del nord è dovuto per la gran parte alla piccola e media impresa, realtà produttive che se chiudono oggi rischiano di non riaprire domani, mentre per le grandi imprese il gioco è più facile: delocalizzano. Già lo fanno in situazioni normali, figuriamoci in una situazione come questa! Mentre le piccole imprese rischiano di portare i libri in tribunale con conseguenze disastrose sull'occupazione. Ecco perché non potendo mettere in ginocchio l'economia si chiede a tutti il sacrificio di stare in casa il più possibile e di ridurre gli spostamenti alle situazioni necessarie (lavoro e per procurarsi cibo e/o farmaci) e urgenti. Il diritto a fare jogging, perché come detto sopra il virus ci usa per riprodursi, rischia di diventare una lunga quarantena occupazionale domani. Allora sì, avremo tutto il tempo di andare a corre al parco. Da disoccupati!
Commenti
Posta un commento