Sembra che l'incantesimo sia finito e i finiani improvvisamente si siano svegliati, a differenza di Alice nel paese delle meraviglie dove finora sono stati, nel paese reale. Benvenuti tra noi.
A rivelare questo risveglio è il significativo editoriale del direttore del Secolo d'Italia, Flavia Perina, di venerdì 30 aprile. Il titolo è quanto di più presbite potrebbe esserci perché recita: "Il maccartismo dei liberali togliattiani", quando avrebbe potuto titolare: "Il maccartismo dei liberali mussoliniani" e sarebbe stato più aderente ai personaggi e alla storia a cui per tanta parte gli eredi del Msi si sono richiamati. Anche perché maccartismo e togliattismo mal si conciliano, è una contraddizione in termini. Ma tant'è.
L'editoriale è dedicato alle dimissioni di Italo Bocchino da vice capogruppo del Pdl alla Camera. Ci sono alcuni passaggi di Perina significativi perché danno uno spaccato visto dall'interno, e per questo ancor più interessante il suo punto di vista, di che cosa sia non il Pdl in quanto tale, ma il Pdl tagliato su misura del leader-padrone Berlusconi.
Scrive Perina a proposito delle dimissioni di Bocchino: "Prima di essere cacciato via da un'assemblea di gruppo convocata in quattro e quattr'otto si è dimesso lui, irrevocabilmente, evitando a un partito che si definisce 'della libertà' lo spettacolo imbarazzante di una pubblica epurazione per alzata di mano". Da questa breve frase emergono alcune cose interessanti. La prima: Bocchino doveva essere "cacciato", letteralmente, perché ha osato schierarsi con il presidente della Camera nella sua battaglia interna al Pdl. Dunque, nessun confronto, nessun dialogo, nessuna possibilità di coesistenza di diverse visioni all'interno dello stesso partito com'è in tutti i più grandi partiti europei di destra e di sinistra. La seconda: il gruppo è convocato "in quattro e quattr'otto", come si fa quando i pompieri sono chiamati per un'emergenza perché altrimenti la casa rischia di prendere fuoco e bisogna correre ai ripari. Ciò significa che il miliardario ridens ha paura del dissenso interno, sa che la sua leadership è fragile, sa che il suo consenso interno al partito si basa essenzialmente sul fatto di aver concesso potere e prestigio, facendone dei ministri, a persone assolutamente mediocri politicamente che lo ricambiano con la fedeltà assoluta scaricando Fini che pure li ha portati a quei livelli. Sa che un potere del genere non può reggere ed anche per questo sa che l'unico modo per restare in sella è il presidenzialismo, perché, prima o poi, i mediocri troveranno un altro padrone. Tutti i capitani d'industria conoscono questa elementare regola, e Berlusconi in questo è un maestro. Quindi, l'infezione, o l'incendio, va estirpato subito, prima che attecchisca. La terza: per la prima volta da un giornale della destra si dice esplicitamente che il Pdl non è il partito delle libertà, quanto da anni vanno ripetendo, non i cosiddetti comunisti, ma anche soltanto i liberali veri.
Non bastasse, il direttore del Secolo d'Italia rincara la dose: "Tutti sanno da tempo che Italo era il primo della lista, la lista di quelli che la stampa chiama 'i dissidenti', i 'non allineati', gli 'eretici'". E più oltre: "il partito dell'amore sta diventando il partito della paura". Gli italiani se ne erano già accorti, cara Perina (verrebbe da dire: siete caduti giù dal pero, ma sarebbe una battuta troppo facile). Le parole sprezzanti di odio lanciate da Berlusconi e dai suoi tirapiedi all'indomani del lancio del Duomo in faccia rivolte agli avversari, erano parole, esattamente, volte a creare un clima di paura e di odio nel paese, mentre contemporaneamente, con una schizofrenia da manuale, ci si proponeva come partito dell'amore. È vero, come scrive Perina, il Pdl è il partito della paura, perché ad aver paura è il suo leader. Ha paura di veder insediata la sua leadership, ha paura delle inchieste giudiziarie, di fatto ha paura della libertà in tutte le sue più diverse espressioni, e lo abbiamo visto nel confronto con Fini. Insomma, Berlusconi è un uomo pericoloso per la democrazia perché ha paura e la paura induce a compiere atti irrazionali e pericolosi. È la stessa Perina a dirlo: "Chi gioca – scrive nell'editoriale – con le evocazioni totalitarie dovrebbe però stare attento". Il partito in tutte le sue componenti, cattoliche socialiste liberali, "assiste attonito all'atto di forza compiuto contro Italo Bocchino chiedendosi non 'perché' – il perché è chiaro a tutti – ma 'dove andremo a finire'". Una domanda che si pongono milioni di italiani. Benvenuti nel paese reale.
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