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La vittoria delle sardine e la morte delle velleità proporzionali

E' evidente a tutti, ormai, che il popolo delle sardine ha avuto un ruolo determinante nell'esito elettorale dell'Emilia Romagna per una ragione sostanziale: è riuscito a riportare al voto i delusi che nella precedente tornata elettorale regionale avevano disertato le urne consegnando la vittoria a Bonaccini, ma con solo il 37,76% dei votanti contro il 67,67% di questa tornata. A fare da collante il sentimento antifascista, antirazzista, antidiscriminatorio di tutte le diversità, Insomma, un rifiuto inequivocabile dell'odio che è stato diffuso a piene pani dalla Lega di Salvini e di cui le persone, la maggioranza di questo paese, era stufa. Si potrebbe contestare questa analisi sostenendo che il movimento delle sardine è stato presente anche in Calabria. Vero! Ma non allo stesso livello dell'Emilia Romagna. Basti ricordare la manifestazione d'esordio in Piazza Maggiore e l'ultima in piazza Otto Agosto. Senza contare le numerose piazze di molti comuni delle regione, persino a Ferrara governata dalla Lega le sardine sono state capaci di portare in piazza circa novemila persone. Una delle più numerose manifestazioni degli ultimi vent'anni, se non la più partecipata in assoluto. Insomma, il movimento delle sardine è stato prevalentemente un movimento emiliano romagnolo perché qui il terreno della partecipazione democratica dal basso è più fertile. Qui sono state più forti le lotte operaie e bracciantili, qui è nato il movimento cooperativo, qui più forte è stata la lotta partigiana perché qui, in queste pianure, nacque il fascismo e averlo conosciuto da vicino probabilmente ha instillato nel corpo della società anticorpi che, a quanto pare, sono ancora efficienti e portano e riconoscere immediatamente le minacce autoritarie sotto qualunque veste si presentino. E speriamo che questi anticorpi continuino a rimanere vitali. Questa è la terra della strage di Marzabotto, la terra di una strage fascista più recente, quella alla stazione di Bologna.
Bonaccini ha vinto anche perché Salvini ha avuto il merito di far risorgere lo spirito di appartenenza della sinistra progressista che si è riconosciuta in un fronte comune e in una lotta comune. E qui viene il secondo punto. Se mai ce ne fosse bisogno queste elezioni hanno dimostrato l'inutilità di qualsiasi velleità proporzionale per una legge elettorale nazionale. Qui il centro sinistra ha vinto perché è stato premiato lo sforzo unitario, è stata premiata una coalizione. E lo dimostrano i risultati elettorali dell'Altra Emilia Romagna, di Potere al popolo e del Partito comunista. Percentuali da irrilevanza politica ed elettorale, nemmeno buone per la testimonianza. Qui si è vinto nonostante la tiepidezza dei vertici del Pd nei confronti di Bonaccini, dal segretario Zingaretti in giù. Le ipotesi, a questo riguardo che si possono fare sono varie. Una potrebbe essere che fosse inviso all'attuale leadership del partito in quanto nelle passate elezioni regionali il neo rieletto presidente fu espressione della segreteria renziana. L'altra ipotesi è che non sia andata giù a via del Nazareno la scelta di Bonaccini di presentarsi in coalizione con una propria lista e quindi di marcare una distanza da un partito in sofferenza. In ogni caso la scelta del presidente della Regione è stata vincente a giudicare dal risultato elettorale con un sorprendente 5,76% e tre seggi in consiglio regionale, senza contare il fatto che Bonaccini ha ottenuto più preferenze rispetto ai voti della coalizione e anche questo è un dato che la dice lunga. Insomma, gli elettori del centro sinistra sono tornati a votare perché hanno visto, finalmente, un fronte unito contro l'avanzata preoccupante della destra.
Ma soprattutto Bonaccini ha vinto perché negli ultimi cinque anni ha saputo governare la regione portandola ai massimi livelli negli standard europei di occupazione, welfare, sanità, pil e ha convinto per il suo programma di governo per i prossimi cinque anni. Dunque, non solo un voto contro, ma un voto per una regione ben amministrata e che continui ad esserlo. Una regione, come lo stesso Bonaccini ha ripetuto più volte in campagna elettorale, che sa premiare la competenza. E il consenso degli elettori ne è una dimostrazione premiando due persone competenti, oltre a Bonaccini anche Elena Schlein di Emilia Romagna coraggiosa con più di 22mila preferenza, la consigliera più votata in assoluto e persona di assoluta competenza. Del resto la sfidante del rieletto presidente è apparsa una figura sbiadita, di sfondo. Le pagine dei giornali e i servizi radio televisivi in questa campagna elettorale erano occupati dal segretario del suo partito al punto che sembrava essere lui il candidato alla presidenza della Regione. Sicuramente una scelta voluta da chi cura l'immagine della Lega consapevole della debolezza della propria candidata capace persino di sbagliare i confini della regione. Ma come si diceva, gli emiliano romagnoli sanno riconoscere le competenze e sanno premiarle. Anche per questo è una regione leader in campo economico. E hanno premiato Bonaccini.
Infine, una nota di colore sulle minacce del vice sindaco leghista di Ferrara Nicola Naomo Lodi che alla vigilia del voto diffondeva in rete un video, diventato virale, di minacce nei confronti dell'opposizione. Naomo era convinto, sulla base di sondaggi poi rivelatisi errati, di avere la vittoria in tasca. Anche molti prestigiosi osservatori politici davano la vittoria in Emilia Romagna al centro destra. Naomo era talmente sicuro da lasciarsi andare a dichiarazioni dai toni tipici di chi vorrebbe attuare un vero e proprio repulisti. Forse quelle dichiarazioni dovrebbero essere oggetto di attenzione da parte della magistratura per istigazione all'odio.
E' difficile immaginare come sia possibile che degli istituti demoscopici prestigiosi che forniscono indagini ai principali media nazionali abbiano sbagliato i sondaggi e messo a rischio la propria autorevolezza, il che vuol dire, dal punto di vista statistico, aver sbagliato completamente la costruzione del campione rappresentativo della popolazione. Un errore da dilettanti nel quale è caduto un vero dilettante della politica.


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