Non credo ci siano i presupposti per una nazionalizzazione di Alitalia. Le compagnie aeree non sono più strategiche per un paese con l'apertura della concorrenza. Lo sono le infrastrutture, gli aeroporti (non certo i singoli vettori), la rete ferroviaria, l'intermodalità treno-nave per le merci, e quindi i porti, le autostrade, e ora, sempre più, le dorsali telematiche, la fibra ottica, l'industria e la ricerca informatica, l'hi-tech, l'industria metallurgica. Non conta più chi trasporta, ma chi gestisce la logistica. Questi, sono convinto, siano sempre più gli asset strategici per la competitività di un paese, non una singola compagnia aerea in un'era in cui l'offerta di trasporto è cresciuta esponenzialmente con compagnie di volo affidabili a costi di molto più concorrenziali rispetto ad Alitalia, anche dal punto di vista dell'offerta qualitativa.
Da anni Alitalia non era più competitiva, proprio per i costi che era costretta a sostenere per una proliferazione sproporzionata del personale che lievitava a seguito di pratiche clientelari (su cui più d'uno ha chiuso tutti e due gli occhi, di ogni colore politico) quando la proprietà era pubblica e per livelli salariali, per alcune figure professionali come i piloti e, forse, non solo, decisamente fuori mercato. Ora l'azienda ne paga le conseguenze. Se il calcolo fatto da chi ha votato no era quello che tanto, comunque, sarebbe intervenuto lo Stato a salvare l'azienda, be' credo non sia accettabile e spero che questo calcolo non abbia fondamento e che il governo tenga fede che non ci sarà un salvataggio con risorse di tutti i cittadini. Per anni Alitalia è stato un pozzo senza fondo che ha drenato risorse pubbliche che potevano benissimo essere investite in un vero rilancio dell'azienda. Ora basta!
Commenti
Posta un commento