Il mercato coperto che nelle intenzioni dovrebbe essere trasformato in parcheggio multipiano è il paradigma di un’epoca in cui gli spazi propri della socialità, dello scambio, del confronto tra le persone e le culture, del commercio, sono sacrificati all’auto. Tutto ciò che connota la partecipazione alla vita di una città cambia natura, funzione, scopo.
Le strade e le piazze da bene comune di tutti i cittadini diventano luogo per l’occupazione privata da parte di una sola categoria di utenti: gli automobilisti che si contendono uno spazio sempre più limitato. Non perché la città si sia rimpicciolita come in “Alice nel paese delle meraviglie”. No. É che le auto tendono progressivamente ad aumentare di numero e devono contendersi una risorsa scarsa qual è, appunto, il territorio cittadino. Da qui le velocità sempre più sostenute per raggiungere il luogo di destinazione, per arrivare prima del collega d’ufficio e “soffiargli” il parcheggio più vicino al luogo di lavoro. Da qui l’aumento della incidentalità, dell’aggressività al volante. Infatti, è sempre più esperienza comune di pedoni e ciclisti che gli automobilisti, per fare un esempio, raramente tendono a fermarsi o a rallentare in prossimità di un attraversamento ciclo-pedonale, perché questo li ostacola nella loro corsa all’occupazione del territorio. La soluzione, allora, non sta nel creare sempre nuove strade, autostrade, parcheggi al servizio dell’auto perché ciò indurrà la domanda di altre strade, altri parcheggi, altro territorio cementificato. Riteniamo si debba invertire la tendenza avendo il coraggio di vietare l’accesso delle auto alla città. Non c’è alternativa possibile al problema del traffico e dell’inquinamento. Anche perché un servizio di trasporto pubblico può divenire efficiente ed efficace solo se lo spazio fisico delle strade non deve essere conteso con altri mezzi privati che ne ostacolano la corsa. Mezzi che, nell’80% dei casi, trasportano il solo conducente con uno spreco di risorse tali per cui su 10 litri di carburante, tra 8 e 9 litri servono per spostare la massa metallica dell’auto. Un sistema meno efficiente e più energivoro di questo non poteva essere inventato dall’uomo.
Contemporaneamente alla liberazione delle strade dalle auto bisognerà puntare sul potenziamento del servizio di trasporto pubblico e su parcheggi esterni la città, su nuove forme di servizio sempre più personalizzate e rispondenti ai bisogni di una città moderna: servizi a chiamata, taxi bus, taxi collettivi, car sharing, ecc. Insomma, bisognerà tendere al passaggio dall’economia del possesso individuale del mezzo di trasporto a quella dell’accesso ai servizi. Non solo perché presto il petrolio, che ha già raggiunto il suo picco di massima estrazione, sarà una risorsa sempre più scarsa; non solo perché ne va della sopravvivenza del pianeta, ma anche perché l’economia dell’accesso ha a che fare con la democrazia in cui veramente a tutti è consentita la mobilità e in cui mobilità è sul serio sinonimo di libertà. Ora invece si confonde la libertà di possedere un’auto e stare imbottigliati nel traffico col falso mito della libertà di muoversi. Sempre più si sta dimostrando che all’uso dell’auto non equivale maggiore libertà. E allora bisogna rendersi conto che il trasporto basato sull’auto privata è il meno razionale tra i sistemi possibili perché causa ingorghi, stress, spreco di risorse e territorio e non migliora affatto la nostra qualità della vita. Anzi, la peggiora.
Direttivo Associazione Amici della Bicicletta - Fiab Onlus Ferrara
Tratto da www.amicibicife.blogspot.com
Le strade e le piazze da bene comune di tutti i cittadini diventano luogo per l’occupazione privata da parte di una sola categoria di utenti: gli automobilisti che si contendono uno spazio sempre più limitato. Non perché la città si sia rimpicciolita come in “Alice nel paese delle meraviglie”. No. É che le auto tendono progressivamente ad aumentare di numero e devono contendersi una risorsa scarsa qual è, appunto, il territorio cittadino. Da qui le velocità sempre più sostenute per raggiungere il luogo di destinazione, per arrivare prima del collega d’ufficio e “soffiargli” il parcheggio più vicino al luogo di lavoro. Da qui l’aumento della incidentalità, dell’aggressività al volante. Infatti, è sempre più esperienza comune di pedoni e ciclisti che gli automobilisti, per fare un esempio, raramente tendono a fermarsi o a rallentare in prossimità di un attraversamento ciclo-pedonale, perché questo li ostacola nella loro corsa all’occupazione del territorio. La soluzione, allora, non sta nel creare sempre nuove strade, autostrade, parcheggi al servizio dell’auto perché ciò indurrà la domanda di altre strade, altri parcheggi, altro territorio cementificato. Riteniamo si debba invertire la tendenza avendo il coraggio di vietare l’accesso delle auto alla città. Non c’è alternativa possibile al problema del traffico e dell’inquinamento. Anche perché un servizio di trasporto pubblico può divenire efficiente ed efficace solo se lo spazio fisico delle strade non deve essere conteso con altri mezzi privati che ne ostacolano la corsa. Mezzi che, nell’80% dei casi, trasportano il solo conducente con uno spreco di risorse tali per cui su 10 litri di carburante, tra 8 e 9 litri servono per spostare la massa metallica dell’auto. Un sistema meno efficiente e più energivoro di questo non poteva essere inventato dall’uomo.
Contemporaneamente alla liberazione delle strade dalle auto bisognerà puntare sul potenziamento del servizio di trasporto pubblico e su parcheggi esterni la città, su nuove forme di servizio sempre più personalizzate e rispondenti ai bisogni di una città moderna: servizi a chiamata, taxi bus, taxi collettivi, car sharing, ecc. Insomma, bisognerà tendere al passaggio dall’economia del possesso individuale del mezzo di trasporto a quella dell’accesso ai servizi. Non solo perché presto il petrolio, che ha già raggiunto il suo picco di massima estrazione, sarà una risorsa sempre più scarsa; non solo perché ne va della sopravvivenza del pianeta, ma anche perché l’economia dell’accesso ha a che fare con la democrazia in cui veramente a tutti è consentita la mobilità e in cui mobilità è sul serio sinonimo di libertà. Ora invece si confonde la libertà di possedere un’auto e stare imbottigliati nel traffico col falso mito della libertà di muoversi. Sempre più si sta dimostrando che all’uso dell’auto non equivale maggiore libertà. E allora bisogna rendersi conto che il trasporto basato sull’auto privata è il meno razionale tra i sistemi possibili perché causa ingorghi, stress, spreco di risorse e territorio e non migliora affatto la nostra qualità della vita. Anzi, la peggiora.
Direttivo Associazione Amici della Bicicletta - Fiab Onlus Ferrara
Tratto da www.amicibicife.blogspot.com
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