Tutto da rifare. Si va al ballottaggio. Già, perché il voto del 21 giugno è un altro voto. Si riparte, non da zero, ma quasi. Soprattutto per chi ha chiuso in testa il primo turno, la sfida sarà riconfermare i voti già presi, convincere gli incerti, fare aperture programmatiche ai possibili alleati, per quanto “pubbliche e con i cittadini”, come dice Tagliani. Per chi ha chiuso in testa il lavoro è dunque ancora più pesante, se non altro in termini di stress, tanto più che mancava un soffio alla promozione a giugno. E’ ovvio che Tagliani, così come Zappaterra per quanto riguarda il voto per la Provincia, può legittimamente pensare di dare per acquisiti i suoi voti, ma questo non lo autorizza comunque a pensare di avere la vittoria in tasca. Sarebbe un errore fatale per lui e la sua coalizione pensare che poiché lo scarto è così alto si potrà vincere al secondo turno a mani basse. E in questo la capacità di mobilitazione dei partiti che lo sostengono sarà fondamentale, così come qualche colpo di lima agli aspetti spigolosi di alcune prese di posizione del candidato sindaco, si pensi allo scorporo del ramo acqua da Hera per riportarlo sotto il controllo pubblico su cui Tagliani è a dir poco tiepido. Irene Bregola ha fatto sapere che si apparenterà con Tagliani “solo se verranno accolti alcuni contenuti del nostro programma” e uno potrebbe proprio essere quello dell’acqua pubblica. Tavolazzi, da parte sua, sembra non interessato al ballottaggio e per ora non si pronuncia, mentre Barbieri prima di scucire i cordoni della borsa dei voti chiede in modo sibillino “il giusto riconoscimento del nostro ruolo”. Per venire all’analisi del voto delle comunali i due principali sfidanti, a seguito del perverso meccanismo elettorale, in percentuale prendono meno voti della somma delle percentuali dei partiti che li sostengono: Tagliani 45,74% contro il 46,34 della coalizione (- 0,6%), Dragotto 25,51% contro il 26,18 del Pdl (-0,67). Se si guardano i numeri assoluti, invece, Tagliani prende 1712 voti in più della coalizione, Dragotto solo 683 in più rispetto al Pdl. La stessa cosa avvenne nel 2004 per Sateriale che passò al primo turno con il 54,36% e 49161 voti contro il 56,35% della coalizione (composta da dieci liste tra partiti e civiche, con dentro Rifondazione e Pdci) con i suoi 46618 voti, uno scarto di 2543 voti in più per il futuro sindaco. In quella tornata i Democratici di sinistra conquistarono il 31,97%, mentre ora il Pd, con dentro l’ex Margherita, porta a casa il 37,64% e un incremento in termini assoluti di poco più di 4000 voti, nonostante la consistente flessione dei votanti. Stesso discorso per Marcella Zappaterra per la Provincia che in città porta in dote un pacchetto personale di 2398 voti in più rispetto a quelli della coalizione, pur ottenendo una percentuale inferiore addirittura dell’1,05%. In termini assoluti se si sommano i voti validi della coalizione di Tagliani a quelli della coalizione di Bregola, se avessero corso insieme fin dall’inizio, Tagliani sarebbe passato al primo turno con il 50,24%, una percentuale risicata ma sufficiente per vincere. Questo sommando soltanto i voti dei partiti e considerando, in via teorica, che il candidato sindaco non apporti nessun valore aggiunto rispetto alla coalizione, ma come abbiamo visto storicamente così non è perché i candidati sindaci portano con se una dote personale di voti che va oltre quella della coalizione che li sostiene. È stato così per Sateriale nel 2004 ed è così per Tagliani al primo turno. Il dato clamoroso di queste amministrative è quello dei Verdi che passano dal 2,92% del 2004 (con 2416 voti) al 1,03 (833 voti) di domenica scorsa, voti che sembrano essere stati in parte intercettati dall’IdV che è passata dall’1,70% e 1406 voti del 2004 al 3,31% con 2679 voti. E infatti, l’IdV all’interno della coalizione, seppur fuori dai posti di governo, ha sostenuto in questi anni le battaglie per la tutela dell’ambiente spesso affianco dei comitati e delle associazioni ambientaliste, tanto che il confronto con il Pd per entrare in coalizione è stato lungo e faticoso, a tratti anche aspro, prima di arrivare all’accordo programmatico. Rosella Zadro, che entra in consiglio comunale come capolista per l’IdV, infatti, proviene proprio da un comitato cittadino ambientalista, quello contro l’elettrosmog. Anche se, va detto, la lista di Di Pietro in città cresce sì, ma della metà rispetto ai voti per le europee ottenuti nel comune di Ferrara. Insomma, non è da escludere che l’elettorato con sensibilità ambientalista all’interno della coalizione di centro sinistra abbia scelto l’IdV rispetto ai Verdi. Sempre in città, ma per il voto per l’amministrazione Provinciale, i Verdi perdono in termini assoluti 2172 voti, mentre in questo caso l’IdV aumenta solo di poco più di 1400. La Lega, invece, come l’IdV, pur crescendo meno alle amministrative rispetto al voto europeo in città, si attesta comunque ad un rispettabile 6,42% (8,24% alle europee nel comune), aveva preso l’1,75% alle Comunali del 2004 e il 2,72 alle Provinciali. Come considerazione finale vale la pena sottolineare come il voto abbia premiato i volti nuovi percepiti dall’elettorato come al di fuori dai giochi dei partiti. Rossella Zadro, citata prima, è un esempio per la sua lista, così come Raffaele Colavecchi, sempre della lista Di Pietro, proveniente dall’esperienza del Meet up di Beppe Grillo che pur essendo poco noto sorpassa, in termini di preferenze, il più conosciuto Valerio Vicentini, numero due in lista dopo Zadro. Lo stesso dicasi per Tavolazzi i cui 383 voti in più rispetto alla sua lista hanno un peso percentuale di molto superiore rispetto a quelli presi da Tagliani e Dragotto. Un indicazione per i partiti tradizionali ad aprirsi di più alla società civile.
Giuseppe Fornaro
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